Friends of Dean Martinez: "Lost Horizon"
(2005)

Bill Elm, sempre più solo nella composizione e nei tour, è cresciuto, ed è cresciuto parecchio, forse proprio per aver sganciato la troupe, e con essa il bagaglio utile un tempo ma ora ingombrante di una certa sonorità south-western, Morricone style, che lo fa riconoscere come un maestro di paesaggi sonori in stile soundtrack. Vero forse un tempo, ma da "Under the Waves" (2003) in poi  i tempi sono cambiati. Gradualmente, senza stacchi bruschi, senza abbandonare una poetica cara e familiare per sé e per i fans, Bill Elm si è perfezionato, ha studiato (se stesso) e si è affinato, come un vino buono che ha saputo maturare secondo i propri tempi e i propri ritmi.
"Lost Horizon" non è un prodotto di serie, non esce solo per garantire il rispetto del contratto, è un ulteriore gradino sulla scala di una qualità crescente, che va in direzione di un suono maturo, estroverso, acceso, sperimentale e coraggioso e allo stesso tempo ma in direzione opposta una discesa nel ricco immaginario interiore del suo creatore, attento osservatore di una realtà esterna e interna. Chi lo ha seguito negli anni '90 col folk western simil-Calexico di "Atardecer", "A Place In The Sun", "Wichita Lineman", non può più abbandonarlo dopo il post-rock inquieto e ardito del nuovo millennio di "Under the Waves", "Random Harvest" e "Lost Horizon". Chi non lo conosceva arriva al momento giusto.

Friends of Dean Martinez: "Live at Club 2"
(prima edizione: 2001; seconda edizione: 2005)

Vista l'evoluzione dell'amico di Dean Martinez era davvero necessaria un'ulteriore uscita nello stesso anno, e per di più la riedizione di un vecchio concerto del 2001, che ripropone il vecchio repertorio? Il fatto che la riedizione di questo live si affianchi ad un'uscita "regolare" di un album di studio dimostra che non si tratta di un'operazione commerciale per riempire un temporaneo vuoto; propendo invece per un'ipotesi filologica, un discorso storico-genetico che accanto al frutto più maturo dell'opera di Bill Elm ("Lost Horizon") spiega "come tutto iniziò".
Ecco infatti un live europeo (berlinese) datato 2001 che oltre a una performance di altissimo livello offre una rilettura del vecchio repertorio, quello western/Morricone style/simil-Calexico per intenderci, nella chiave di una selvaggia sperimentazione, decostruzione, fusione che mostra l'embrione di quello che sarebbe stato il successivo orizzonte creativo del suo deus ex machina; il vecchio materiale diviene terreno di gioco, ironica demitizzazione, scatenata parodia di se stesso e rottura di qualsiasi schema riconoscibile, quella che avrebbe portato alla graduale, spontanea definizione di uno stile personalissimo e unico, l'inimitabile marchio di fabbrica dei Friends of Dean Martinez odierni, cantori del deserto, della prateria, di un'America post rock musicalmente obliqua ma decisa a camminare sulle proprie gambe.

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