Ricordo che nel 2006, all'uscita di "From These Wounds", lessi da più parti che quello sarebbe stato l'epitaffio artistico della degna ed emblematica carriera dei miei amati Funeral (doomsters provenienti non già dall'elegiaca Finlandia bensì dalla più truce Norvegia, attivi dal lontano 1993 e, con tenacia e costanza per me assai invidiabili, baciati in più occasioni dal soffio delLa Livellatrice...quando si dice "in nomen omen"!).  

Bene (si fa per dire, ovviamente...), con ancora nelle orecchie e nel cuore le vibrazioni dolorose di quella immensa e tragica release, con gli occhi cuciti dal filo spinato della sua cover scarna e minimale, e risalendo dal baratro in cui "From These Wounds" mi aveva scaraventato come in un lentissimo oblio; poche settimane fa mi avvedo (colpevolmente in ritardo) che nel 2008 Audioglobe aveva licenziato "As The Light Does The Shadow", nuova fatica a nome Funeral. Inutile dire che corro a procurarmi l'album originale, pieno di speranza e fiducia...come il bambino ignaro che l'inganno e la malafede siano sempre dietro l'angolo! Perciò voglio dirlo chiaramente: la delusione sin dal primo ascolto è stata forte, grande l'impressione che quest'album col glorioso passato della band c'entrasse veramente poco.

Non voglio fare un discorso di purismo o meno del Doom (anche perchè il gruppo stesso in questione aveva saputo ben spaziare nel corso degli anni dalla feralità degli esordi alla decadenza -female vocals incluse- di altri lavori) ma pescando fra le dieci songs che compongono "ATLDTS", tolta forse la sola "The Elusive Light", i brani sembrano sterzare più decisamente verso un lavoro di mestiere che un parto del Destino. Colpa di partiture di tastiere elementari, su cui le chitarre si stoppano e ripartono in modo quadrato e marziale sì, ma senza più quell'eleganza di intarsio e cesello che ne aveva contraddistinto il lavoro in "FTW". Colpa del clean basso e recitativo di Frodo Forsmo non più struggente ed evocativo ma quì a tratti addirittura sciatto e noioso! I tempi delle songs sono lentissimi, è vero, ma ormai questo non basta.

La produzione è robusta ma il danno è comunque fatto, perchè "As The Light Does The Shadow" è un album poco ispirato, macinolento e fiaccamente prolisso, e la stessa presenza in "In The Fanthoms Of Wit And Reason" di una guest d'eccellenza, Robert Lowe (Candlemass, Solitude Aeternus), purtroppo acuisce pesantemente la sensazione di un prodotto senza capo nè coda. Si sente la mancanza di Christian Loos, questo è quanto. 

Per quanto mi riguarda, R.I.P. 

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