Ci sono dei momenti in cui nella musica si cerca un po' di tranquillità piuttosto che svago o sensazioni forti; la semplicità e il senso della misura sono doti preziose, così come l'abilità di saper creare delle ballate dolci senza affogare nella melassa. Quando si è in questo mood, "Fly Yellow Moon" rappresenta una risposta perfetta ed un ascolto rigenerante, capace di regalare quaranta minuti di sensazioni positive e belle melodie. Primo e finora unico album solista dell'inglese Fyfe Dangerfield, frontman dei Guillermots, datato 2010, "Fly Yellow Moon" è un disco di dolci e semplici ballate semiacustiche venate di folk, con qualche episodio più vivace dai contorni pop rock con sfumature di elettronica. Un album acqua e sapone, senza arzigogoli, senza complicazioni, ma con grande senso melodico, tatto e raffinatezza, merce rara che troppo spesso viene erroneamente data per scontata.
La voce calda, gentile e vellutata di Fyfe Dangerfield è sicuramente un grande plusvalore, che gioca un ruolo di primo piano nell'ottima riuscita finale di "Fly Yellow Moon", lo dimostrano una magistrale interpretazione piano e voce di "She's Always A Woman" ma anche e soprattutto le sue canzoni, in primis il capolavoro del disco, "Firebird", una melodia che incede in un suggestivo spleen notturno, come un minuetto scandito da un tremulo piano, archi e un cantato avvolgente, elegantissimo, che proietta un'ombra gotica in un album che, come suggerito dalla copertina stessa, si muove prevalentemente su scenari più mattutini, come quelli evocati da "High On The Tide", leggerezza ed una sottile malinconia, ben amalgamate da una melodia acustica e sognante. Fyfe Dangerfield dimostra che è ancora possibile dimostrare la propria ammirazione e riverenza per "Hallelujah" di L. Cohen senza sbrodolare con l'ennesima inutile e pleonastica cover: con "Barricades" ne riprende l'inconfondibile andamento evolvendolo in qualcosa di proprio, personale, una ballad di grande atmosfera, come lo sono anche le acustiche e dolcissime "Live Wire" e "Don't Be Shy", ottimamente bilanciate dal pop rock orchestrato e frizzante di "She Needs Me", che sembra quasi discendere da "Philadelphia Freedom" di Elton John e dall'atmosfera elettronica ed elegante di "Any Direction".
Il neo più evidente di questo bell'album è senza ombra di dubbio "Faster Than The Setting Sun": troppo U2, troppa scenografia ed apparenza e nessun'anima, nessuna emozione trasmessa nonostante la sempre ottima voce di Dangerfield, ma dopotutto c'è sempre il tasto skip, ed è un difetto che si può perdonare, anche perchè gli altri due episodi più marcatamante radiofonici, "When You Walk In The Room" e "So Brand New" reggono bene la scena, la prima con il suo pop rock graffiante arricchito da elettronica e sovraincisioni e la seconda che bilancia un refrain un po' debole e ripetitivo con una bella melodia semiacustica scandita da un giro di piano di grande fascino ed impatto.
"Fly Yellow Moon" quindi è un album perfettibile, che non verrà sicuramente ricordato come una pietra miliare della storia della musica, però rimane comunque un prodotto di qualità, di gran lunga superiore al ciarpame pop rock radiofonico odierno, cantato come Dio comanda e generalmente ottimo a livello di songwriting. La resa alle orecchie dell'ascoltatore varia a seconda dei momenti, ma rimane una bella sensazione di generale solidità e qualità artistica della proposta, che merita di essere premiata.
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