Alla lettura di "Manetti bros" alla produzione, un flebile campanello d'allarme è scattato nella mia testa, messo prontamente a tacere, ma sì, andiamo avanti. Il mio pallino per il trash prende il sopravvento.

"A Cè, il prete me lo diceva che mi dovevo fà li cazzi mia". Me li potevo fare pure io i cazzi miei , invece di dar retta alla vocina nella mia testa che reclamava gore grottesco e sangue in quantità.

Sinossi: due fidanzatini appartati in macchina vengono aggrediti da 3 balordi armati di cattive intenzioni. Per fortuna una coppia passa di lì in macchina e li soccorre, ospitandoli nella loro casa nel bel mezzo del bosco...

Una regia un po' troppo autocompiaciuta, quella di Gabriele Albaneesi, considerando le pessime inquadrature (balla tutto, ma che è, il Parkinson?), la sceneggiatura che vabbè inutile dirlo, raggiunge picchi di comicità (nonsisafinoachepunto) involontaria, la recitazione imbarazzante (Daniela Virgilio, torna alla tua Patrizia, ti prego).

C'è da dire però che ci vuole coraggio a scomodare nientepopodimenoche Tobe Hooper (il richiamo è talmente palese che avrei anche potuto evitare di scriverlo) e tentare di dare un contributo al panorama horror italiano che ultimamente perde colpi. Apprezzabile il tentativo, meno tutto il resto.

Escludendo i primi 20 minuti circa, tutto si consuma all'interno della spaziosa ma claustrofobica casa dei due "salvatori", che si rivelano ben più cattivi dei tre coatti da cui i protagonisti erano appena fuggiti. E ben presto viene anche alla luce il movente: il loro mostruoso figlioletto, dotato di zanne che manco Dracula, pare si nutra solo di carne umana. Dunque, la cena è servita, caro pargolo.

Veniamo alla caratterizzazione dei personaggi, uno dei punti dolenti. Grossolani, stereotipati: la protagonista sgualdrinella, il fidanzatino zerbino, i balordi coatti, i veri e propri cattivoni (per non parlare dei due freaks, figli adottivi/complici dei cattivoni veri). Considerazione a parte meritano però i due bambini, che inconsapevolmente regalano la performance più convincente di tutto il film, la scena dell'abbraccio tra i due è (ebbene sì) quasi toccante: per motivi diversi sono due "mostri" (così uno dei due viene definito dalla sua stessa madre), ma pur sempre incolpevoli.

Eppure mentirei, se dicessi che questo fim è privo di un suo morboso, insiegabile fascino, che emerge di tanto in tanto e, tra smorfie di disgusto, ti ritrovi a chiederti che fine faranno quei bolsi coattoni, quella ragazzotta confusa (si rende conto di amare davvero il povero zerbino solo nel momento in cui questo muore, mutilato e dissanguato)...

La fame di trash (quante volte ho detto trash?) e di grotttesca ironia è dunque placata. Prendendolo poco o per nulla sul serio, così deve essere visto questo film, per poter essere apprezzato.

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