Per alcuni lettori potrebbe risultare quasi offensivo trovarsi davanti alla recensione del settimo film della saga sui dinosauri. Anche e soprattutto perché gli ultimi tre, quelli nei quali il “Park” è diventato “World”, erano davvero brutti.
Ma questa recalcitranza non tiene conto di alcuni fattori: la regia di Gareth Edwards, che non sarà un dio, ma era riuscito a fare un buon “Godzilla” made in Usa, la sceneggiatura di David Koepp, autore dei primi due film, e anche il fatto che scrivere recensioni che profumano di stroncatura è una delle gioie della critica. Non dobbiamo arrenderci al pattume: va spiegato perché qualcosa fa schifo, o presto diventerà la norma.
Ma, vi dirò, questo lavoro non è una schifezza, ha una sua dignità che deriva principalmente dalle qualità del regista.
Edwards sceglie inquadrature lente che indugiano sulle scene e ne fanno gustare ogni aspetto - paesaggi, movimenti, tensione - senza fretta. L’azione è tutt’altro che frenetica: è ben scandita, spesso ironica. Il regista mostra i dinosauri con parsimonia, in un lavoro di sottrazione che ricorda “Godzilla”, e recupera la dimensione del meraviglioso, con sequenze che omaggiano apertamente il film del 1993. E questa meraviglia non è solo nelle creature, ma anche nei paesaggi tropicali, rigogliosi, mozzafiato.
La vicenda è un’avventura chiara e lineare, ma ravvivata da alcune intuizioni di scenario ben giocate. C’è un’ampia sezione ambientata nell’oceano, a caccia del gigantesco Mosasauro, e un’altra sulle pareti vertiginose delle montagne dove il Quetzalcoatlus fa il suo nido.
Alcuni meriti vanno condivisi con lo sceneggiatore David Koepp, già autore dei primi due capitoli, il cui ritorno si sente. Ma il suo contributo rimane ambivalente: da un lato offre spunti avventurosi riusciti, dall’altro inciampa in alcuni dialoghi forzati e qualche passaggio retorico.
Il film si prende tempo per costruire i personaggi, che sono tutti nuovi: a volte ci riesce (la famigliola ad esempio è perfetta), altre volte meno. Ma se non altro non si cade rovinosamente nei cliché più consunti dei film action: li si lambisce, qualche volta ci si arrende ad essi, ma è chiaro il tentativo di non eccedere.
I temi ambientalisti sottesi vengono snocciolati senza fare prediche insopportabili, lasciandoli emergere come dati di fatto. Il pianeta è devastato dall’uomo e i dinosauri non riescono ad adattarsi, muoiono. Poi però la vicenda si avvicina pericolosamente alla questione delle “big pharma” contro tutti, evidenziando la sfida tra chi vuole innovazioni farmaceutiche (grazie ai geni dei dinosauri) solo per il proprio tornaconto economico e chi invece le vorrebbe condividere con tutto il mondo.
Insomma, messa su questo piano rischiava di diventare la solita favoletta.
Per fortuna, Koepp non insiste troppo su questi aspetti, per quanto sembrino ormai inevitabili nel filone “giurassico”. Così, risulta decisamente più facile godersi il film con i suoi paesaggi e le musiche mozzafiato (riprese dal primo capitolo), le sue sequenze d’avventura e le storie semplici ma efficaci dei personaggi.
I dinosauri non sono tutto, non sono sempre al centro dell’azione o dietro l’angolo pronti a divorare qualcuno. Ed è proprio questa la novità migliore: un cambiamento non da poco per un franchise così.
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