'Non voglio nessuna delle tue canzoni. Nessuna delle tue fottutissime canzoni'. Questo pensò Barlow quando un eccitatissimo Clive Davis, magnate dell'industria musicale americana, boss della ARISTA (due nomi a caso pescati dal mazzo: Madonna e Whitney Houston) lo chiamò per fargli sapere che Madonna ed il fido Patrick Leonard avevano scritto per lui "Love Won't Wait", serenata pop tutta da ballare o da cantare a finestrini abbassati quando si va a raccattare la fidanzata di turno. "La odiai fin da subito, non mi piaceva". Ovviamente non glielo disse.

Gary Barlow, Gaz per gli amici, fu l'unico ad uscire dalla fruttuosa esperienza con i Take That con un futuro radioso dinnanzi. Dimagrito, restaurato, con un conto in banca da nababbo (circa sette volte quello dei compagni, perché lui oltre ai guadagni routinari vantava diritti di scrittura su ogni singolo brano, covers a parte). Williams, obeso e strafatto di ogni sorta di stupefacente disponibile sul mercato del narcotraffico, passava da un'uscita al pub coi fratelli Gallagher a improbabili crocere con George Michael e Paula Yates. Howie Donald ebbe propositi suicidi, non perseguiti grazie a Dio. Owen incise subito un album che non si filò nessuno. Jason Orange si diede alla macchia. Il manager, Nigel Martin-Smith, si sistemò il portafoglio gonfio in saccoccia e decise (mica scemo) di continuare a sostenere Barlow nella carriera solista.

Il primo cenno fu incoraggiante: "Forever Love", avete presente, da suonare ai matrimoni e giù di lì. Piano, voce, qualche arco in accompagno, la voce (mai piaciuta, ndr) del nostro a far da corollario. Il brano funziona, e va al numero uno. Era primavera del 1996. L'album era pronto, lavorato spalla a spalla con il collaudato Chris Porter ("Back For Good"). Dai, partiamo, si va. Ma lì entrò in scena Clive Davis, e Clive Davis voleva dire America. Vuoi mettere. Martin-Smith prese il cordless: "Gaz, Clive Davis vuole scritturarti" "Grande !" "C'è solo un problema" "Sarebbe....?" "Gran parte del disco non gli piace". Ahia.

Va da sè che il buon Gary salì sul primo aereo, destinazione attico di Clive. Questi mai avrebbe mosso il culo per....chi ? I Take cosa ? Però, in occasione dell'ultimo tour, aveva presenziato ad uno spettacolo e lo aveva predetto : "Pessimo show, costumi orribili. Ma sono interessato al songwriter". Incenso, palla al centro, pedalare.

"Arrivai in ritardo, non mi ero svegliato, il jat-lag mi aveva steso. Davis era inavvicinabile, mi dissero, ma quel giorno stava aspettando me".

"Gary, se vuoi sfondare in America ti devi adattare. Ascolta: questi due brani country, 'I fall so deep' e 'So Help Me Girl', potremmo reinterpretarli in chiave pop, sai, qui funziona" "Mr. Davis ma io sono un cantautore, io...." "Lo so, Gary, lo so. Ma per sfondare in America dobbiamo muoverci diversamente....".

Stranito, Barlow chiamò Martin-Smith : "Nigel, che bisogno c'è di tutto questo ? L'album è pronto, piace a tutti noi, cosa ci sto a fare qui...?" "Gaz, loro sanno meglio di noi come muoversi: non facciamoci sfuggire questa opportunità".

Va da sè che Davis diede il tormento al giovane Barlow imponendo altre cover, come quella sconclusionata di "Hang In On There Baby", peraltro riproposta una manciata di anni prima con costrutto dai Curiosity Killed The Cat. Barlow mandò giù il boccone amaro e cercò di arrivare ad un compromesso.

Ne derivò un disco ibrido, né carne né pesce, né pop né solul. Sdolcinato, a tratti infarcito di elettronica, che ha nel suo meglio la pulizia del suono e la cura nella produzione, seppur confusionaria. Ne consegue che i brani migliori sono quelli creati da Barlow segeundo la propria indole. Spiccano "Are You Ready Now" e "Always", che chiude l'album. Bello anche il finale di "So Help Me Girl". Si cercò di affinare la composizione chiamando Diane Warren per "My Committment", ma il risultato non convinse. E poi, troppi galli a "cantare" in ambito di produzione: il perfezionista Trevor Horn, il guru pop Walter Afanasieff, David Foster, Max Martin, eccetera.

"Open Road" ebbe un discreto impatto, ma fu meno di un canto del cigno. Il disco uscì a 1997 inoltrato, ad un anno di distanza dal singolo apripista, "Forever Love" : passò troppo tempo. Barlow sapeva che, da lì in poi, sarebbe stato spalla-contro-spalla con Williams: la stampa li aveva messi contro, il fato li aveva contrapposti: lo scolaretto diligente e dedito, il talentuoso, e quello da recuperare, il genio malededetto, l'indisciplinato. Ci stava, come parafrasi. Quando Barlow sentì "Angels" per la prima volta si preoccupò. Era con Porter. "Cazzo, se è bella" Sì.....sì, è bella", questo si scambiarono i due.

Di lì a poco, Barlow finì all'inferno. Ri-ingrassò, perse i capelli, il mondo rise al cospetto del secondo album, "Twelve months, eleven days", 1999. Robbie Williams diventò Robbie Williams. Ed iniziò a togliersi sassolini che presto diventarono macigni. "Gary chi ? Uahuahuahuahuah". E via dicendo.

Barlow lo odiò. Lo odiò in modo viscerale. "Robbie aveva tutto: vendite, consensi, successo. Perché tirarmi in ballo un giorno sì e l'altro pure ?".

"Open Road" fu l'inizio della fine per Gary Barlow, fino alla rinascita datata 2005 => reunion dei Take That. Lì ritrovò la sua dimensione, il successo, le vendite stratosferiche. Dimagrì, dimagrì tanto. Oggi è un bel signorotto di 46 anni, e Robbie Williams è di nuovo suo amico. Vanno in ferie insieme, incidono duetti, si confidano. Cose così. Il tempo guarisce ogni ferita, anche quelle prodotte ad unica mandata.

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