Stavo dando un’ascoltata veloce al secondo volume di una raccolta dei lavori di Adrian Sherwood (Sherwood at the Controls - Volume 2: 1985–1990) appena uscita e, sorpreso di trovare una traccia dei fiorentini Pankow (non sapevo che loro pezzi avessero subito un trattamento dal boss della ON-U Sound), mi sono accorto di essere deluso dalla mancanza di un pezzo di Gary Clail.

Con tutto il ben di Dio che è passato tra le mani di Sherwood, dai dischi di Mark Stewart ai Tackhead, da Bin Sherman ai Dub Syndicate, per tacere degli African Head Charge (che mi ammaliarono con quell’ibrido allora inedito di echi dub e vocazioni sciamaniche, tribalismi africani e tecnologia, che dopo gli sperimentalismi più ostici dei primi dischi condensò la sua magia in “Songs Of Praie” e “In Pursuit Of Shashamane Land”) ebbene con tutto quel ben di Dio, mi son detto, proprio Gary Clail ti viene in mente?

Si, proprio lui e proprio questo disco, con il suo titolo perfetto e la nera copertina che dice già tutto, mi son tornati in mente.

Così stamattina l’ho fatto girare in auto, venendo al lavoro. E mi son ritrovato ad alzare il volume, mentre una voce immersa nell’ipnotico anello sonoro dubbato suggeriva qualcosa riguardo i bisogni primari della gente in “Food, Clothes And Shelter”, https://www.youtube.com/watch?v=dVZu2KR2MAI la traccia d’apertura.

E ad alzarlo ancora un po’, lasciando che facesse tremare un povero impianto basico, intimidito dai bassi profondissimi e dalle sciabolate elettriche, man mano che il disco avanzava.

Alla terza traccia, il volume è al massimo e la mia natura tamarra al suo apice espressivo: finestrino abbassato, volume a palla, dondolio fuori sincrono della testa, mentre il coretto femminile ripete “Escape, there’s not escape” su quel giro di basso assassino (che suono, parla direttamente al tuo apparato riproduttivo) di Doug Wimbish. “Escape” è la traccia più zarra e dance del disco, e ancora oggi fa il suo sporco lavoro https://www.youtube.com/watch?v=MMlaKy2Xuro

Poi arriva la title track, con il suo incedere zompante e la monocorde voce declamante, cui fanno eco quelli che paiono latrati di cani usati come punteggiura ritmica: another domestic drama in a suburban Hell… https://www.youtube.com/watch?v=p5l-F1jDqI8

Quando sto per parcheggiare parte “Human Nature” https://www.youtube.com/watch?v=V2Qg73_lK1A e quindi rinuncio, nonostante la penuria di posti nella zona non a pagamento intorno all’ufficio: devo fare un altro giro, lasciando che l’eco, amplificato e distorto dall’impianto stremato, reiteri le semplici ma efficaci constatazioni di Clail, sometimes people do the strangest things… there’s something wrong in human nature… Si vecchio mio, senza dubbio, ma adesso lasciami cercare un altro posto per la mia carretta, ci risentiamo al ritorno.

Il disco, che vede la collaborazione di componenti dei DuB Syndicate, dal citato Wimbish a Skip McDonald, Bin Sherman, ed è a produzione On-U Sound, uscì nel 1991 per la Perfecto Records. I singoli “Beef” (al basso c’è Wobble, alla voce Sherman) e “Human Nature” contribuirono a spingerlo in classifica, donandogli una visibilità che il pur valido precedente, End Of The Century Party, non ebbe nella stessa misura. L’ho visto live, credo un paio d’anni dopo, in un locale, senza band, cantare sulle basi, e avrebbe dovuto deludermi e rattristarmi, ma ero ormai affezionato e così ho preferito cancellare il ricordo della serata. Non so cos’altro abbia poi combinato Gary Clail, niente di memorabile suppongo.

Ma questo frullato pulsante di dub, funk, elettronica e qualche spruzzata soul, con quelle linee vocali semplici ed efficacissime, si è guadagnato uno spazio nella mia mente bacata e stamattina ha dimostrato di saperlo mantenere, a 25 anni di distanza. La parte più tamarra di me, sorella di quella romantica, lo ringrazia, qui, pubblicamente.

Carico i commenti... con calma