"It was more like a dream than reality" (With Tomorrow)

Un uomo solo, intento a meditare sullo sfondo di un tramonto californiano. Una "luce bianca" filtra, lasciando trasparire l'immensità dell'infinito. Un banale refuso tipografico priva l'album del suo titolo.
Basterebbe solo la copertina a giustificare la leggenda che aleggia intorno al debutto solista di Gene Clark, indiscusso leader dei Byrds fino all'abbrivio psichedelico di "Eight miles high", quando lasciò il gruppo per l'insofferenza verso lo stardom e per la cronica paura di volare. Da allora una carriera ai margini della scena californiana, fino al primo passo in proprio, uscito nel 1971. Precedette di pochi mesi due pietre miliari del cantautorato quali "Harvest" e "Pink Moon", dei quali "White light" è certamente coevo. Dell'opera più celebre di Neil Young, esso condivide lo spleen westcoastiano e i tocchi country-rock sognanti, tra organi, bottleneck e squisiti soffi d'armonica. Il coinvolgente intimismo sonoro e lirico, l'atmosfera volutamente fuori dal tempo e il minimalismo delle composizioni - benché non manchi una visionarietà tipicamente dylaniana a permeare il tutto - ne fanno invece l'equivalente americano del capolavoro di Nick Drake.
"White light" si compone di nove episodi di bellezza adamantina, in cui la voce virile di Gene e il suo peculiarissimo modo di pizzicare la 6 corde ammaliano sia quando dipingono asciutti e struggenti quadri come in "With tomorrow" o "Where my love lies asleep", sia quando intarsiano spumeggianti ghirigori dal sapore byrdisano in "White light" e " 1975". Altrove prende forma un'odissea visionaria che, pur chiamando a raccolta i dolori di questo mondo, si risolve in un canto pieno di speranza, come in "The virgin", "Because of you" o "One in a hundred". La cover del classico targato Dylan-Band "Tears of rage", reinterpretato con un pathos smagliante, porta alla perfezione il canovaccio del sound americana, di cui quest'album è forse la pietra d'angolo, mentre di "Spanish guitar" che si può dire? Dylan in persona affermò che avrebbe voluto comporla lui, e miglior complimento non credo si potrebbe scrivere.

Il cuore di Gene Clark, stremato da una vita di eccessi alcolici e chimici, cessò di battere nel 1991, ponendo fine all'esistenza di uno dei più grandi reietti della storia del pop. Ma quella luce bianca sarà sempre in grado di squarciare le tenebre.

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