Scelgo ancora un album dei Genesis per la mia seconda recensione ma, questa volta, non si tratta di un album di cui si è parlato tanto, si parla e se ne parlerà sempre (come "Selling England By The Pound"), ma di un certo "Live in London", pubblicato nel 1974, uno dei concerti appartenenti al tour promozionale del coetaneo "The Lamb Lies Down On Broadway". Non è un live pubblicato ufficialmente, ma un Bootleg anche se il sound ci fa pensare quasi ad un live ufficiale (il sound non è tra i migliori, ma nemmeno tra i peggiori); ma forse (e ripeto ancora una volta, forse) potrebbe essere proprio il sound il punto di forza di questo live: un sound che ci da subito la sensazione che stiamo ascoltando un live piuttosto raro, che non lo troviamo facilmente nelle discografie dei Genesis; un sound molto atmosferico che, nonostante non sia dei migliori, riesce a farci gustare a pieno "l'impresa che i nostri hanno affrontato a Londra quella sera".

EccoVi l'interessantissima scaletta del concerto.

01)  Watcher of the Skies

02)  In the Cage

03)  Back in NYC

04)  Hairless Heart

05)  Counting Out Time

06)  The Carpet Crawlers

07)  The Waiting Room

08)  Silent Sorrow In Empty Boats

09)  The Light Dies Down On Broadway/Riding The Sree

"Watcher of the Skies", uno dei classici per eccellenza, apre il concerto con un fade in; riproposta nello stesso schema della versione studio (ovviamente, direte Voi), appare più epica per via del sound un po' diversificato grazie alla presenza di effetti più orchestrali (dalla tastiera di Tony Banks) molto più presenti. La performance della band è impeccabile, il pezzo risulta pieno di carica e passione; c'è un rispetto ed esaltazione incredibili per quanto riguarda le dinamiche: le parti piano vengono fatte veramente piano e in quelle forti accade l'inferno (in senso positivo naturalmente).

Non c'è neanche il tempo di ringraziare il pubblico, che subito parte l'incredibile "In The Cage", con cui i nostri promuovono il loro ultimo album. Una partenza molto soffusa, cupa, ma i nostri sono sicuri di se e allora il tutto viene eseguito molto bene. Pian piano crescono in perfetta sintonia l'hammond di Banks, la batteria di Collins, la chitarra di Hackett e il basso di Rutherford per arrivare alla prima strofa; durante il ritornello i Genesis ci fanno capire che ormai ci sono dentro, che le star in quel momento sono loro e con questa carica la seconda strofa parte ancora più sicura e determinata. E che dire dell'assolo di tastiera? Indubbiamente uno dei migliori e difficili nella storia (forse ce ne sono di più difficili, è vero, ma quanti hanno saputo dosare al meglio difficoltà e bellezza?), un assolo molto epico, apocalittico che sfocia in un arpeggio finale in cui tutto si ferma tranne chitarra e batteria; Peter Gabriel si fa di nuovo sentire in questa parte per poi dare di nuovo spazio alla "reprise" del brano. Il cantato di Peter si fa più cattivo e determinato.

L'ipnotica "Back In NYC" viene eseguita un po' più lenta rispetto alla versione studio, ma proprio grazie a questo vengono esaltate le note di Banks e gli stacchi di batteria. Anche in quest'esecuzione Peter Gabriel si fa più cattivo nel cantato con risultati assolutamente impressionanti. Le parti strumentali di questo brano sono molto efficaci e catturano da subito l'attenzione di chi ascolta. Terminato questo, ci si collega al brano, secondo me, più riuscito della serata: "Hairless Heart" (collegato come in "The Lamb Lies Down On Broadway"). In questo pezzo, come nel primo, tutto assume un'epicità da sogno (qui si tocca proprio l'apice) grazie alle tastiere di Banks. Il tema di questa canzone, strumentale, è, a mio parere, uno dei più belli in assoluto in cui i Genesis dimostrano a pieno, con grande destrezza, il loro animo più profondo, la loro espressività. Altro collegamento che ci riconduce all'album, a quel tempo appena uscito, e comincia "Counting Out Time" la cui esecuzione è ottima ma non trasmette quanto potrebbe; azzarderei col dire che questo brano rappresenti il punto più basso del concerto, anche se scorre abbastanza bene e nel finale Peter Gabriel realizza un proprio mini-show giocherellando un po' con la voce lanciando vocalizzi ora acuti, ora più bassi e cattivi: un'ennesima dimostrazione della sua bravura e, se vogliamo, della sua personalità alquanto particolare.

Sempre Peter Gabriel, con la sua splendida voce, annuncia, intonanto l'intro, "The Carpet Crawlers". Una versione molto diversa rispetto all'originale: è più lenta ed espressiva, quasi quanto quella di "Seconds Out". Come al solito i volumi sono molto ben dosati. L'unico difetto di questa esecuzione, per me, sono le improvvisazioni di Steve Hackett che sembra voglia per forza attirare l'attenzione su di se (ma fortunatamente non suona nessuna nota sbagliata; stiamo parlando comunque di Steve Hackett e non di un chitarrista qualunque). L'atmosfera di quest'album potrebbe indurre a farci credere che, da qualche punto di questo concerto, i Genesis eseguano "The Chamber Of 32 Doors": sarebbe stata veramente una scelta formidabile secondo me, ma, purtroppo, non c'è e mi sarebbe piaciuto tantissimo ascoltare quel bellissimo brano con le atmosfere di questo live... sarebbe stato perfetto. Ma andiamo avanti.

La scaletta prosegue con "The Waiting Room" aperta da alcuni effetti psichedelici. L'ottimo giro di accordi di Tony Banks accompagna perfettamente le note di Hackett. Qui Phil Collins lancia i suoi incredibili stacchi e Rutherford lo segue alla perfezione dimostrandosi un abile bassista. Il pezzo rallenta, Banks fa il suo assolo che conclude il pezzo nella maniera migliore. L'approvazione del pubblico è alle stelle, applausi a non finire anche se durano poco perché la band comincia subito un brano che si rivela un altro punto alto nella scaletta: "Silent Sorrow In Empty Boats". Tutto si muove nella maniera migliore e ancora una volta questo sound imperfetto esalta al meglio l'atmosfera del concerto. Tutto qui si calma, sembra di stare all'aperto in cui solo un leggero venticello muove appena l'aria.

Quasi all'improvviso (senza comunque brusche entrate) entrano Banks e Hackett che aprono "The Light Dies Down On Broadway" che non è altro che la ripresa del tema dell'album "The Lamb Lies Down On Broadway" eseguito più lento. La voce di Peter Gabriel emerge come meglio non potrebbe; nonostante la lentezza del brano, i nostri riescono a mantenere una velocità costante (grazie a Phil Collins che scandisce in maniera chiara ed efficiente il tempo). "Riding The Scree", ultimo brano in scaletta, eseguito attaccato a "The Light Dies Down On Broadway", è una degna conclusione di questo bel concerto in cui Tony Banks mostra la sua vena creativa con i suoi assoli di Synth. Molto ben eseguito, da tutti, il tema di questo pezzo esposto dal sintetizzatore. Poche note ma buone chiudono il concerto lasciando il pubblico con il fiato sospeso fino all'applauso generale di un pubblico che sicuramente non è rimasto deluso da ciò che ha visto e ascoltato, anzi, un pubblico rimasto veramente affascinato dalle capacità di questa formazione che ha fatto storia.

Un live difficile da procurarsi ma che vale la pena di ascoltare. Il mio voto è di 4,5 stelle su 5. Sicuramente un ottimo liv anche se non raggiunge i livelli di eccellenza di "Genesis Live" del 1973 e dell'ancor più perfetto "Seconds Out" del 1977.

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