"I Racconti di Canterbury", ovvero la perfetta "sistematizzazione sociologica" del Medioevo inglese e non, includente tutte o quasi tutte le sfaccettature e le contingenze, positive e negative, tipiche dell'Età di Mezzo. Ed è sicuramente l'approccio realistico e concreto, forse esageratamente stereotipato, della civiltà nei primi secoli del secondo millennio che garantisce a quest'opera una neanche blanda "rivoluzione" di stampo umanistico. Se la Commedia dantesca mira all'elevazione, all'ascesi dello Spirito cristiano, attraverso un magnifico compendio della sua storia filosofica a partire dalla Tarda Antichità, "I Racconti di Canterbury" rinunciano all'astrazione celeste per concentrarsi sul mondo della civitas medioevale, spesso criticando, addirittura demistificando goliardicamente le troppe imposizioni dogmatiche autoritarie profuse dal Clero e dalla societas da essa edificata con la "Spada di Satana".

Il titolo del magnum opus di Chaucer suggerisce a priori la tipologia di narrazione proposta, ossia un eterogeneo insieme di novelle, racconti appunto, illustrate da un folto gruppo di pellegrini che da Southwark intendono raggiungere la Cattedrale di Canterbury al fine di venerare la salma di  St. Thomas Becket (arcivescovo martirizzato nel secolo XII da Enrico II d'Inghilterra) nel Santuario a lui dedicato. Un prologo introduce la figura dell'oste Harry Bailly: quest'ultimo afferma che ognuno dei partecipanti all'informale convivio sarebbe chiamato a narrare quattro storie, metà delle quali durante il viaggio per Canterbury e le rimanenti sulla via del ritorno. In realtà questo proposito non si realizzerà nell'opera e saranno assenti ulteriori racconti da parte dei protagonisti.

Successivamente compare l'annunciata, nutrita serie di narrazioni delle altrettanti singolari figure: vi è il Cavaliere, il Frate, il Mugnaio, il Cuoco, il Prete, la Madre Priora, la Donna di Bath... un coacervo di personaggi stereotipati atto a rappresentare nel modo più efficace e realistico possibile la vasta realtà sociale del sistema medioevale con le rispettive controversie e contraddizioni. Non solo: Chaucer abbina ad ogni individuo, ad ogni rappresentante del suo "ceto", precise connotazioni morali, etiche, spirituali, anch'esse forse troppo approssimative e dissacratorie, metafore non astratte della complessità sociale dell'epoca. Al Cavaliere sarà, pertanto, vincolante una narrazione "epica" ispirata a Orlando ed ai miti classici, alla Madre Priora la tematica del martirio cristiano e dell'antisemitismo di matrice medioevale e così via. E' curioso notare la presenza di storie e contro-storie, di vere e proprie narrazioni di "scontro" ideologico tra due o più personaggi: esempio eclatante è il feroce botta-risposta del Frate e dell'Apparitore, illustranti novelle l'una dissacrante l'altra, in particolar modo l'Apparitore condanna l'opportunismo dei Friars sempre disposti ad intascare con l'inganno e la minaccia "spirituale" qualche soldo fasullo ai più ingenui.

La straordinaria ricchezza ideologia di background dei Racconti risiede nella moltitudine di realtà incarnate dai singoli personaggi: ognuno si "carica" un preciso mondo con le proprie peculiarità e incertezze derivate dalla sua condizione sociale; all'uopo, relativamente alle individuali analisi dei mondi illustrati, Chaucer circoscrive pregi e difetti, critiche e stroncature, esplorando una vastissima gamma di tematiche legate all'Età di Mezzo: la prepotenza del Clero, le falsità e l'ipocrisia della Chiesa corrotta (Male, difatti, già pronosticato dal mondo anglosassone ben prima dei colleghi neolatini), ma anche l'Amor Cortese, ascetico e strumento di elevazione al Divino, decantato dal già affermato Dolce Stil Novo di Dante e Guido Cavalcanti, la tradizione cristiana patristica-scolastica, la nobiltà cavalleresca e signorile di ispirazione "arturiana" inneggiante l'onore e le armi, la Donna, la sua purezza spirituale e carnale, la morale e l'etica generale che dovrebbero disdegnare  l'avarizia e la corruzione. Insomma, un calderone, una "Bibbia" di tutto ciò che il Medioevo era in grado di offrire all'Uomo, benevolenze e malevolenze, giusto e sbagliato, nobile e corrotto, onore e disonore, vita e morte.

La profusione di tematiche abbraccia un deciso contrasto pudicizia/goliardia nelle novelle narrate: narrazioni auliche e intime si scontrano parossisticamente con altrettante violente nel linguaggio e nella forma, alludenti persino all'erotismo e al carnale. Non esiste un idealtipo morale/etico letterario dal quale Chaucer non può prescindere: egli è unicamente interessato alla schietta dissacrazione/lode di alcuni modelli comportamentali tipici dell'uomo tardo medioevale, in nome di valori astratti inseriti nella cultura immanente dell'epoca che, tuttavia, possono essere oggetto di feroce critica da parte dell'autore, "incarnato" nei singoli soggetti. Esempio eclatante è, come antecedentemente sottolineato, la Chiesa corrotta, il surclassamento del potere temporale su quello spirituale da parte dei Pontefici, il primo sentore di declino del modello "a due teste" Papa - Impero in favore delle nascenti monarchie nazionali. Concludendo, Chaucer tenta di manifestare la propria imprescindibile "medievalità", affrancandosi tuttavia da quel patetico rigore e da quell'errato radicalismo cristiano, interessato più al rozzo lucro che alla diffusione gratuita del messaggio di Cristo, una mentalità proto-umanistica legata ad analoghe menti come Petrarca e più strettamente al "dirimpettaio" Boccaccio, il cui Decameron, sebbene molto prossimo ai Racconti di Canterbury, si limita a esaminare solo alcune componenti sociali e culturali della sua era.

The Canterbury Tales. Capolavoro assoluto. Promosso con lode e assolutamente consigliato a tutti.

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