Capita che la distribuzione cinematografica italiana, nel mese vacanziero per autonomasia come agosto, immetta in circolazione film per niente freschi in quanto a datazione . Praticamente si va a raschiare il fondo del barile e ci si ricorda di pellicole perlomeno decenti, lasciate a prendere polvere in qualche recondito cassetto. Dimenticate forse per il semplice motivo che potevano risultare opere scomode per la tematica affrontata e magari prive di un certo appeal commerciale . Insomma, un vero e proprio oblio indecente che non fa bene al cinema in generale e fa giustamente incavolare.

E che altro si dovrebbe pensare recandosi a vedere, in questi giorni agostani, un film belga come "Hasta la vista" diretto da Geoffrey Enthoven nel 2011 e presentato in quell'anno al festival di Roma con recensioni favorevoli? Ma certo, forse in Italia distribuire un film dedicato al tema "portatori di handicap e loro legittime necessità di vivere la sessualità" poteva apparire troppo osé per il pubblico italiano, non sia mai che si parli troppo di certi problemi . Solo adesso, nel bel mezzo di agosto 2021, timidamente si fa uscire la pellicola e senza tanti clamori mediatici. Valli a capire questi distributori, considerando altresi che stiamo parlando di un'opera ascrivibile al genere commedia di fondo amara e priva di accenni maliziosi.

I fatti riguardano un trio di ragazzi belgi portatori di handicap (magnificamente interpretati da tre attori normodotati quali Tom Audenaert, Gilles De Schrijver, Robrecht Vauden Thoren) . Si tratta di Jozeph (ipovedente), Lars (tetraplegico) e Philip (paralizzato agli arti inferiori su carrozzina a cui è stato diagnosticato poco tempo di vita). Accomunati pertanto da un'esistenza molto limitata e sotto l'ala protettiva di genitori apprensivi per le sorti dei figli.

Ad uno dei tre viene l'idea di partire per un viaggio di 15 giorni complessivi dalle Fiandre, passando per l'entroterra francese, fino alle coste mediterranee della Spagna. Qui , in una delle varie località balneari, come da fonti informative certe, si troverebbe un bordello extra lusso noto per il servizio impeccabile per qualsiasi tipo di clientela. Niente di meglio per chi volesse essere iniziato ai piaceri del sesso, evitando in tal modo di finire i propri giorni nello stato di verginità. Il progetto è sicuramente costoso, anche ricorrendo al servizio di trasporto su furgone accessoriato fornito da una Onlus e guidato da un'infermiera corpulenta, ma ne vale comunque la pena nonostante i dubbi manifestati dai genitori dei ragazzi.

E il viaggio ha dunque inizio fra vari colpi di scena (da non rivelare per non guastare la visione di un film così picaresco) e la plastica dimostrazione del carattere effimero della libertà provata in quei giorni di vacanza. Perché se questi, come dal termine latino "vacuum" ovvero vuoto, possono indurci a credere nella possibilità di crearci una dimensione esistenziale nuova e libera dagli affanni usuali , così non succede a chi vive un handicap fisico limitante. Basterebbe pensare alla necessità di provvedere all'igiene personale quotidiana, per la quale la presenza di un'altra persona (in questo caso l'infermiera) e' inevitabile.

Ma poi va messo in conto, oltre alle asprezze caratteriali dei tre ragazzi, che per la società circostante si è pur sempre "figli di un dio minore" e non tutti sono disposti ad accettarti per quello che sei. Ecco perché quanto vissuto dai tre protagonisti durante il viaggio suona un po' come un'effimera esperienza di vita on the road (per dirla con un termine un tempo troppo usato) che ti conferma i limiti a cui il fisico ti inchioda.

E qui sta il retrogusto amaro di questa commedia, che ci rammenta come tutti noi, portatori di handicap o no, siamo temporanei nelle nostre brevi felicità e fragili di fronte ai rovesci della sorte. Tutto ciò espresso in toni schietti, mai patetici, che fanno di questo film un contributo utile a non dimenticare coloro che non sono stati come noi fortunati nella salute. E chiudo riallacciandomi a quanto considerato all'inizio di questa recensione e chiedendo : ma una pellicola così doveva rimanere ferma per dieci anni senza essere distribuita? Era proprio così scomoda per i parametri valutativi della distribuzione italiana?

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