"Io non sono matto. Qui son tutti pazzi tranne me. Soltanto io sono sano di mente. Sono un grande compositore e tutti dicono che sono matto. Lei signore di certo non commetterà lo stesso errore..."

Così si descriveva George Antheil nel 1916, rivolgendosi al lettore dello Spectator, giornale della high school di Trenton, New Jersey. Il meno che si può dire è che già a sedici anni il piccolo George aveva le idee chiare. Brillante pianista e compositore, George Antheil, come tutti, aveva un idolo: Igor Stravisnky. Ebbe la fortuna di conoscerlo a Berlino nel 1922. Colà diede pure molti concerti. Eseguì opere scritte di suo pugno nelle quali lo stile Stravinskjano veniva arricchito di elementi cubisti e dadaisti. Un paio di titoli: "The Airplane Sonata" e "The Death of Machines". In questi brani Antheil, più che a quelle melodiche, dava sfogo alle sue smanie ritmiche: le partiture prevedevano la ripetizione ossessiva di gruppetti di accordi suonati forte o fortissimo. Trattava insomma il piano come fosse uno strumento a percussione e pestava in un modo che gli procurava forti dolori alle falangi...

Fra chi assistette a queste esibizioni, qualcuno parlò di un "angry young man" capace di suonare il suo Stainway con una precisione degna di una macchina ben oliata. Ad altri sarebbe piaciuto linciare quel giovane arrabbiato nella pubblica piazza. Qualcuno ci provò pure... Stravinsky si limitò a togliergli il saluto...

Il periodo Parigino è il più stimolante della vita di George Antheil. Frequentava Joyce, Cocteau, Hemingway, Picasso, Pound e molti altri. Continuò a dar concerti ottenendo sempre lo stesso risultato: il tafferuglio. La buona borghesia parigina lo considerava un provocatore, un bellimbusto, un autentico casinista. E lui non faceva nulla per placare gli animi: pensate che durante le sue esibilzioni, Antheil teneva un revolver in bella vista sul suo pianoforte... Guai a distrarsi, tossire o sonnecchiare... Si dice che l'espressione "Enfant Terrible" sia stata coniata in suo onore. Tra l'altro, sapete come si intitola la sua autobiografia? "The bad boy of music". E ho detto tutto...

L'opera più famosa di George Antehil che l'ensemble modern non manca di eseguire in questo CD è "Ballet Méchanique", sorta di sinfonia in lode al macchinario (qualsiasi macchinario, ma meglio se grosso, rumoroso e aerodinamico...) che doveva accompagnare le immagini dell'omonimo film del pittore dadaista Fernand Legèr. Questo tentativo di opera multimediale ante litteram dovette scontrarsi con una realtà beffarda. All'epoca (1924) non era possibile sincronizzare fra loro le molte pianole necessarie all'esecuzione della partitura. Non parliamo poi dell'impossibilità di sincronizzare la musica stessa e le immagini. Tra l'altro la durata del film è diversa da quella della musica... Forse l'Antheil e il Legèr si dovevano parlare di più, voi che dite?

Comunque solo nel 2001 questo film è stato proiettato con la colonna sonora. Se volete, potete vederne e sentirne una decina di minuti, clickando qui; ma se clickate, metteteci un po' di fanatismo futurista, che se no il trucco non funziona... Nelle prime esecuzioni fù invece necessario ingaggiare circa una decina di pianisti e ovviamente un orchestra ma non solo: ebbero la loro grande occasione alcuni suonatori di sirena tipo quelle dei pompieri e non so quanti strimpellatori di grosse eliche d'aeroplano con relativi motori... Se volete eseguire a casa vostra "Ballet Méchanique" siete avvisati. C'è bisogno di un bel po' di spazio e forse i vicini protesteranno... Il risultato è infatti un bel bordello: una musica vitale, propositiva, e così ottimista da sembrare ingenua. Diciamo che fosse stato per l'Antheil, il Charles Chaplin di "Tempi Moderni" non si sarebbe fatto trasportare dagli ingranaggi della catena di montaggio come un natante dal mare grosso; vi avrebbe altresì sguazzato come uno Zio Paperone in una piscina di talleri e dobloni d'oro...

Ma, parafrasando Nanni Moretti, per fare avanguardia ci vogliono pettorali e addominali ben allenati, così Antheil, una volta cresciuto, si dedicò a opere di stampo neoclassico e, divenuto uno splendido quarantenne, scrisse colonne sonore di film hollywoodiani. Il CD qui recensito testimonia tutti i cambi di stile di un'onorata carriera, colonne sonore escluse...

Per finire, Antheil non fù soltanto musicista. Fù criminologo e scrisse trattati. Fù giornalista e nel suo articolo "Germany never had a chance" anticipò gli esiti della seconda guerra mondiale. Fù progettista e inventore: brevettò insieme all'attrice Hedy Lamarr un sistema di trasmissione capace di eludere le intercettazioni. Poteva essere usato sia per comunicare che per guidar siluri nella loro corsa verso il bersaglio (ohibò). Tale sistema fù utilizzato dall'esercito americano solo quando il brevetto era già scaduto (mannaggia!) e oggi sta alla base della tecnologia dei telefoni cellulari...

Insomma, non commettete lo stesso errore della gente di Trenton: George Antheil non era matto proprio per niente...

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