Vi avverto subito: questa è una recensione non imparziale che tratta di un libro non imparziale scritto da un individuo non imparziale (Gianfranco Mascia) scritta da un individuo non imparziale (Io). Pertanto, non mi sento di votarlo, perché, se lo facessi, non darei il voto solo all’opera in sé.
Persino il modo in cui sono entrato in possesso di questo libro non è imparziale. L’ho ricevuto direttamente dalle giovani mani del figlio di Gianfranco Mascia e ho donato il mio contributo alla moglie di Mascia. Ero appunto alla presentazione (a gestione familiare) de “Il libro viola” (“Storia del Movimento No B-Day” il sottotitolo). Presenti, oltre l’autore ovviamente, vari esponenti “di spicco” (anche se non credo sia il termine giusto, fa “troppo partito”) de Il Popolo Viola, il giornalista e blogger Alessandro Gilioli, la giornalista satirica de L’Unità Francesca Fornario e, inoltre, finita la presentazione ho intravisto Piotta (sì, quello). “Perché ce lo racconti?” mi chiederete. Mmm, bè innanzitutto che questa presentazione è stata pubblicizzata dalla rete come ogni evento legato a Il Popolo Viola a partire dal famoso No Berlusconi Day del 5 Dicembre 2009. O meglio tramite un evento di Facebook, in cui le persone che avevano confermato la propria presenza erano circa 200 se non ricordo male, anche se poi in quella minuscola e graziosa sala al centro di Roma saremmo stati una cinquantina o giù di lì. D’altronde quanti di voi hanno cliccato “parteciperò” a un evento di Facebook e poi hanno pisciato alla grande spinti dallo scarso senso di responsabilità che la rete infonde sin dai suoi albori? …ok abbassate le mani. Ecco, fra le varie cose, Il Popolo Viola sta lavorando anche su questo problema e guardando i recenti risultati direi che lo sta facendo piuttosto bene. Ma andiamo con ordine.
Chi è Gianfranco Mascia?
Ce lo spiega Gianfranco Mascia stesso in un apposito capitolo del suo saggio. Mascia è stato fra i primi a capire nei mesi precedenti l’imminente “discesa in campo” (26 gennaio 1993) che qualcosa non tornava, che una persona con tre reti televisive, diversi giornali, una squadra di calcio e altre aziende in pugno non avrebbe potuto governare un paese, che fra l’altro la legge Italiana nemmeno lo permetteva. “Conflitto d’interessi!!!”, sì, Mascia aveva urlato questo quasi due decenni fa, quando persino oggi alcuni partiti d’opposizione lo dicono soltanto a mezza bocca, come qualcosa che c’è ma si può far anche finta che non ci sia. E così fonda i comitati BOBI “BOicotta il BIscione” che promuovono varie azioni di protesta goliardica e non violenta contro l’impero Berlusconiano a partire dal boicottaggio delle sue reti televisive e della sua catena di supermercati Standa. Senza internet, solo con telefoni e fax a coordinare il tutto, le sue iniziative hanno successo, riescono a unire tutte le persone che sono riuscite a percepire preventivamente la brutta aria che stava tirando sulla democrazia italiana. Si tratta pur sempre di una pulce contro un elefante (o un orribile mostro bavoso a cinque teste, fate voi) ma qualcosa si sta muovendo. E questo movimento a qualcuno non piace. E alla goliardia e alla non-violenza si risponde con una violenza brutale, terribile, irraccontabile. Tuttavia, Mascia, con evidente fatica, ce lo racconta nelle pagine più drammatiche di tutto il libro. 11 febbraio 1994. Due uomini (che rimarranno anonimi e quasi senza volto, purtroppo) entrano nello studio di Mascia lo legano, lo tramortiscono e lo seviziano. Roba da film. Peccato che sia tutto vero e che pochissimi lo sappiano.
E poi?
Allibito da una tale reazione così violenta, Mascia non si perde d’animo, sa che non deve perdersi d’animo, non può proprio, a maggior ragione dopo quello che è successo, decide, però, di volare più basso e concentrarsi su obiettivi più modesti e immediati circa la politica locale. Da lì in poi fonderà i Verdi in Emilia-Romagna, promuove un netstrike contro il sito www.giustizia.it il 10 gennaio 2002 (decimo anniversario di Mani Pulite), parteciperà ai Girotondi, sarà giornalista freelance per Arcoiris, coordinatore per il Vday di Beppe Grillo e, sì, si ritrova nel giro di un paio di mesi dal cliccare “iscriviti” sul gruppo di Facebook “Una manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi” al parlare di fronte a un milione di persone a piazza San Giovanni per il No Berlusconi Day (5 dicembre 2009). E poi via, in un vortice viola (il colore scelto come simbolo della manifestazione, il colore dell’anima, simbolo della società civile contro le strumentalizzazioni dei partiti) eccolo a coordinare Il Popolo Viola, che non è un partito bensì un movimento d’incazzati contro l’anomalia della democrazia in Italia, e a organizzare numerose manifestazioni più o meno grandi che condividono tutte l’orizzontalità, la propulsione “dal basso”, dalla Rete, la stessa rete che ha spinto un milione di persone (no, non 90.000 come ha detto la questura) in piazza il 5 dicembre. La Rete, noi, non la televisione, non la stampa, non un partito. Noi, io, te. Tizio, Caio, Sempronio e pure l'amico Fritz.
Cos’è Il libro viola, allora?
E’ innanzitutto un “instant book” un libro realizzato in quattro e quattr’otto e tratta, come potete immaginare, di accadimenti iper-recenti. Questo per quanto riguarda la forma. In sostanza è la testimonianza di uno dei protagonisti in prima linea di uno straordinario movimento di cittadini nato dal web che ha preso poi il nome di “Popolo Viola”. Non un leader, semplicemente uno che in questa cosa, visti anche i suoi precedenti, ci ha messo anema e core e ha voluto raccontare le sue emozioni cercando di farle percepire anche a chi al No Berlusconi Day non c’è stato. L’autore, infatti, si rivolge a una sorta di suo alter ego, un compagno immaginario con cui ha condiviso le sue esperienze politiche dal 1993 a oggi. Come se stesse facendo una rimpatriata esclama spesso “ti ricordi quella volta in cui Berlusconi? Ricordi?” e giù a rimembrarci cosa ha fatto l’uomo nuovo (come sarcasticamente chiama il premier di Arcore), proprio come un aneddoto dei vecchi tempi. Vecchi tempi non proprio scintillanti, però. E il lettore ricorda con lui come se avesse vissuto le stesse cose: la sorpresa, l’indignazione, la disperazione, il dolore, la rassegnazione (il “pensiero pigro” nelle parole dell’autore), la speranza e, infine, la gioia, sì. Perché a piazza San Giovanni, milione o non milione, c’era davvero un fottio di persone e indipendentemente dal luogo in cui ti trovavi al momento della manifestazione (nella calca, sul palco o a casa) leggendo le concitate righe che la descrivono ci si (ri)sente immersi in quella favolosa folla, in quel mare viola, in quel “web-corteo open source” come l’ha definito Luca Telese. Perché una volta tanto una manifestazione ha fatto breccia ai piani alti, ha riscritto le agende dei politici d’opposizione, ha causato parecchie crisi esistenziali (chi ha detto Bersani?). Non si ferma qui, ad ogni modo. Gianfranco Mascia è un “teorico pragmatico” e vuole immaginare un futuro per il movimento, o qualsiasi altro gruppo nato dal basso e gestito da semplici utenti tramite semplici linee guida.
“Chi fa, rappresenta; chi propone, si prende la responsabilità […]; chi sa, si mette a disposizione […].”
e ancora
“Ciascuno può esprimere liberamente le proprie specificità senza dover prendere tessere, chiedere permessi, sentirsi investito ad agire”.
Ecco, poche ma buone, il tutto senza prendersi troppo sul serio. Un movimento elastico, multiforme, variegato, con tanti progetti, fra cui uno fondamentale: far dimettere Berlusconi, farlo processare, raccogliere i cocci, adoprarsi per creare, finalmente, una democrazia normale. Fine. Fatto questo, Il Popolo Viola potrà pure sciogliersi. Ma fino allora ci sarà e ci saranno altri movimenti dannatamente “phresh”, determinati e fottutamente democratici.Yeah.
Il libro viola, per me.
“Ancora che n’te ne vai?!!” starete esclamando. Ehi! Vi avevo avvertito che non sarebbe stata una cosa imparziale, suvvia. Comunque sto ai ringraziamenti. Contenti? Ecco, devo ringraziare Gianfranco Mascia, che mi ha autografato il libro. Da quando ho cominciato a seguire, come un fan accanito, Il popolo viola (come militante attivo devo trovare ancora lo slancio adatto, si vedrà) l’ho visto in faccia un sacco di volte ma non sapevo il suo nome che ho appreso, poi, solo ad una recente manifestazione. Fatto emblematico: nel Popolo Viola le individualità contano, ma senza gerarchie, non ci sono leader (Mascia stesso non ama essere definito così, perché, in effetti, non lo è), tutti hanno lo stesso peso. E ognuno può partecipare, lo so per certo. Poco prima del 5 dicembre stampai una trentina di volantini del No B-Day e li attachinai con lo scotch nel mio quartiere con una gioiosa euforia e pure un pizzico d’infantile stupidità attaccandone uno sulla serranda di una sezione del PDL (negli anni ’70 mi sarebbe costato caro, lo so). E mi son divertito una cifra. Tuttora mi diverto. Urlo gli slogan alle manifestazioni e sto bene. Sono felice, sento una speranza che mi spinge a crederci veramente in un cambiamento. Dei miei venti anni, sedici sono stati rubati da Berlusconi e dal suo governo feccia: razzista, incompetente e disonesto. Ve l’ho detto che sarei stato oscenamente di parte. Spero ad ogni modo di avervi invogliato a leggere questo libricino, che è pure corto. O di avervi infuso un po’ di speranza, perché stavolta, me lo sento, il progresso ci salverà ma la potenza è nulla senza il controllo. O di avervi perfino fatto incazzare come bestie.
Non m’importa, ho una fottutissima speranza viola che mi fa tremare e i vostri 1 non mi fanno paura.
“Chi non salta Berlusconi è!!!”
Grazie mille Popolo Viola, che poi sarei pure io. :D
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