Nell’estate del ’99 un mio amico tedesco mi fece ascoltare una audiocassetta con un cantautore italiano mai sentito prima, Gianmaria Testa. Ad un primo ascolto così, rapido sulla spiaggia, sembrava un po’ Paolo Conte, ma c’era in lui qualcosa che lo distingueva dall’avvocato, qualcosa che lo avvicinava di più a me, come sensazione sonora.
Il disco che ascoltai fu Mongolfieres, e ne rimasi colpito al punto da impararlo a memoria nel giro di una settimana. Poi mi chiesi: ma da quanto tempo non imparavo a memoria della musica italiana così velocemente? Forse da quando sentivo i cantautori, gli anni settanta. Ma attenzione Gianmaria Testa non ha un approccio così semplice, come può sembrare oggi quello di alcuni cantautori nostrani, nei suoi accordi c’è qualcosa che rimane dentro, dopo cinque anni e tante sue canzoni ascoltate, ogni tanto c’è qualcosa nel vissuto di ognuno di noi che lui ha cantato e che sovviene dolcemente. L’ho sentito definire il cantante della pioggia, verissimo, infatti piove mentre scrivo e lo ascolto, ma non solo pioggia, anche sguardi rubati, birre nei bar, crisi coniugali e amori nascenti.
Descrivere le canzoni singolarmente non ha molto senso, se vi va di sentirvelo godetevi tutto il disco senza interruzioni, e non cercate di fare un “greatest hits” perché non ha senso, sono tutte belle.
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