I Live di Telespalla N° 13 - Un racconto in due parti.

"E mentre prendo dal primo idiota che passa lezioni di poesia/e di impegno sociale/vaffanculo/io canto di te" (Lezioni di Poesia)

Aprire il 2012 con Giorgio Canali è un toccasana, ti riconcilia con la quiete da tavolata natalizia ed è un assaggio della condizione fisica. E' al caldo, che non guasta, e ti permette di regolare due piccole cose:

1) Comprare il disco dopo che per mesi ti sei dedicato all'ascolto clandestino;

2) Farsi la Tessera ARCI in modo tale da restare coperto per tutta l'annata.

E' la solita storia: io propongo, l'entusiasmo degli amici va da zero a zero. Arriveranno con il passare delle canzoni eppure io sarò da un'altra parte. In verità ero riuscito a convincere una persona. Alessandro, in quanto ad ascolti musicali, si fidava ed in attesa del concerto, birra in mano, guardava il palco. Gli ampli piazzati davanti tipo spia lo incuriosivano molto. Io, dall'alto della mia ignoranza, annuivo ed andavo a regolare il secondo dei miei piccoli conti in sospeso. Poi si comincia, in cinque. Gli stessi del disco. Canali, scavato in faccia e le vene che gli esplodono dalle mani. Regola #1: sfasciare tutto. Non ci vorrebbe molto, il "Vinile 45" è piuttosto piccolino. Ma a dimenarsi sono in pochi. Qualcuno apprezza il mio entusiasmo, la mia carica. Qualcun altro meno. Li capisco, mi è difficile regolarmi con il mio piedone. Eppure c'era qualcuno che si dimenava più di me. Anzi, erano in due. Sotto il palco, in faccia a Canali che intanto se la prendeva con qualcuno posizionato lontano e con "Elio e le storie tese". Magari era ironia ma io non la so cogliere. Eccomi lì, sotto al palco. Accanto a loro. Una delle due ragazze si gira: capelli rossi, minuta e gran sorrisone. In mano una bottiglietta di plastica con dentro il vin brulé. Me ne offre un goccio, spacciandolo per acqua. Per una volta riesco a cogliere l'ironia. Fosse sempre così l'acqua giustificherei anche l'astemia. Va avanti così, fino allo sgomitare delle chitarre e dell'armonica. Parte la domanda, strana e diretta: "tu capisci quello che dice?". Appena prima aveva urlato anche queste parole:

"con i nostri pugni alzati ad illuderci beati che No Pasaran! No Pasaran! Che No Pasaran! No Pasaran!" (No Pasaran!)

Quelle parole mi ritornarono d'impatto solamente 24 ore dopo. Ho fatto la prima partita del campionato musicale al caldo, ho fatto la prima partita del campionato di Rugby al gelo ed ora sono a casa. Il telegiornale annuncia una notizia: è morto Manuel Fraga Iribarne. Ed accadde come la canzone, che passarono, e giovani come Manuel passavano e diventavano importanti. Poi Franco morì e Manuel rimase lì, a ricomporre il suo paese "e diventa più bianco il bimbo in lavatrice come nello sport del detersivo". Eppure non si cambia in un giorno. Qualcuno lo scoprì amaramente, perché Manuel un giorno gridò "La calle es mia!", e morì. Canali pensava a tante altre cose quando l'ha scritta ma io, con la cronaca del presente, sono riuscita ad associarla ad un passato. E capì che avevo dato la risposta giusta: "Quello che serve. I testi vanno anche un pochino interpretati". Chissà cosa avrebbe pensato dopo quest'associazione di pensieri. Intanto il concerto finiva e noi ci dimenavamo più forte che mai perché, e un po' me lo sentivo, non ci sarebbe stato il bis per rifiatare. Quando finì rimase lì, a guardarmi e sorridermi. Ero felice, la presi per mano e la portai fuori. Chissà, potrebbe perfino ricambiare il mio fremito dell'anima. Bisognerebbe portarla a qualche altro concerto per saperlo. Intanto ho il suo numero. E' questione di coraggio. Tutto il resto è storia... e musica.

A Kate. 

A Pedro, Francisco, Romualdo, José e Bienvenido. Vitoria-Gasteiz, 3/3/1976.

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