Jazz di raffinata energia 

Forse sarà pleonastico da parte mia, ma è meglio chiarire da subito che il jazz italiano è ormai da anni fonte di numerose, piacevolissime sorprese. Artisti come Enrico Rava, Stefano Bollani, Paolo Fresu sono giustamente osannati dovunque vadano a suonare. Il contrabbassista Giovanni Tommaso è appena meno famoso di queste star ma è un musicista sopraffino, "la mente" dietro ad innumerevoli progetti musicali di successo (un nome su tutti: Perigeo).

In questo disco del 1989, Tommaso mette insieme un quintetto da favola, in cui ogni musicista rappresenta probabilmente quanto di meglio disponibile sul proprio strumento in Italia: il versatile batterista Roberto Gatto, che tanta parte ha avuto nel portare avanti il jazz elettrico "all'italiana" negli anni ottanta-novanta (vedi Lingomania), e poi Danilo Rea, pianista eccelso, ex Lingomania pure lui. Infine, una front-line formata dai due trombettisti Paolo Fresu e Flavio Boltro, due campioni messi l'uno contro l'altro, così, giusto per correre qualche rischio in più...

L'atmosfera può ricordare quella dei dischi Blue Note dei primi anni sessanta, ma è solo un punto di partenza, perché la tipicità, vorrei dire "l'italianità" delle composizioni, e l'originalità e la versatilità dei musicisti coinvolti cambiano continuamente le carte in tavola. Fra tutti i temi proposti, difficile trovarne uno meno che splendido: la malinconica risolutezza di "Novembre", il riflessivo "Piccioni Viaggiatori (To Chet)", il delicato "First Steps", il folgorante "O' zone mio", la solarità di "Jazzfunktion" e "Summer Song".

Gatto è la sicurezza ritmica e percussiva che ogni buon combo jazz si augura, Fresu e Boltro sono in forma super, e si sfidano in continuazione sull'assolo più imprevedibile e calibrato. Il leader dirige da par suo, facendo ben sentire il suo godibile contrabbasso, rifuggendo momenti da mattatore troppo smaccati, sebbene i suoi assoli, parcamente distribuiti tra le tracce del disco, rimangano conficcati in testa...

Eppure, tutto passa in secondo piano di fronte alla stupefacente bravura di Danilo Rea, ancora un ragazzino, ma già equipaggiato dei suoi "jarrettismi" e di varie, felici intuizioni, che si rivela il vero architrave di questa costruzione sonora. Ascoltate il suo lavoro magistrale in "O 'zone mio" (un brano che da solo vale l'acquisto del CD): autentico canale di raccordo tra i ritmi e i fiati, azzera la differenza tra accompagnamento ed assolo, intessendo con i due trombettisti un interplay fitto e costante, talmente naturale che sembra che gli strumentisti leggano una spartito anziché improvvisare. Autore di liricissimi interventi ("Novembre"), danzante ed umorale in "Say Yes", e poi attento, preciso, fantasioso e puntuale, una vera manna per Tommaso e per le nostre orecchie.

Sono moltissime le delizie sparse a piene mani in questi quarantaquattro minuti di musica. Un bellissimo lavoro, terminato di ascoltare il quale non si può fare altro che esclamare: viva il jazz italiano, e cento di questi dischi!

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