Devo la scoperta di Otello a Sergio Cofferati. Non che abbia per lui una particolare simpatia. E nemmeno una particolare antipatia.

Molti anni fa, su Repubblica, forse sul venerdì, lo intervistano.

Quelle solite cose, cosa ti piace mangiare, il tuo libro preferito. Risposte che non ricordo.

La musica che vorresti mentre fai l'amore. Otello.

La musica che vorresti al tuo funerale. Otello.

Pronti. Non ho particolari simpatie o antipatie per l'ex segretario della Cgil. Però una dichiarazione d'amore del genere, per me, è un'esca. Di più.

Verdi compone Otello che è già vecchio. Già in pensione, si potrebbe dire, aprendo addirittura una parentesi, di quelle che adoro, Cofferati, le pensioni. Chiudo.

Ha già avuto tutto. Ha chiuso con Aida, successo mondiale. E opera fantastica. È parlamentare nel giovane Stato Italiano. E cerca pure di farlo bene. E insomma, ormai c'ha la sua età.

Poi succedono due cose.

Un giovane punk, Arrigo Boito, scrive una cosa. Scrive: 'Giuseppe Verdi è un monumento. Io sui monumenti ci sputo. Li butterei giù tutti'.

Verdi non risponde.

Uno strano tizio, di nome Richard Wagner, sta iniziando a dominare il mondo. A scrivere opere che mandano in estasi. A fare robe che cambiano la storia della musica.

Una di queste, magari a qualcuno qui dentro piace molto, si chiama Tristano ed Isotta.

E - dentro Tristano e Isotta - la scena d'amore. Che qualunque libro, qualunque critico, vi dirà essere l'inizio di tutto ciò che verrà, musicalmente, nel Novecento. E forse anche oltre. È una scena lunghissima. Basata sulla contrapposizione luce e ombra, sull'incontro di due anime, su mille cose. Con richiami a filosofi, a quelli che vanno per la maggiore.

A 64 anni, Giuseppe Verdi chiama Arrigo Boito e gli fa comporre il libretto. Alla musica ci pensa lui. Nel secondo atto mette una scena d'amore.

C'entra molto poco con la storia. E non è nemmeno una delle sue più belle scene d'amore.

Però, verso la fine, Otello canta (cito a memoria):

Venga la morte e mi colga

nell'estasi di questo amplesso

il momento supremo


Giuseppe Verdi, da Busseto, Otello, 1877.

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