Il 7/7 dell'anno 777, nell'abbazia di Vectis, nasce un settimo figlio di un settimo figlio, e proviamo a indovinare come si chiama? Sett...  
No, si chiama Octavus. E gli Iron Maiden non c'entrano nulla, giuro. Questo ragazzino, nato sotto pessimi auspici e per di più ritardato, passa la sua vita a scrivere un'infinità di nomi con relative date di nascita e morte su migliaia di libri, creando - insieme ai suoi figli, nipoti e pronipoti - la famigerata Biblioteca dei Morti, ovvero un immenso registro delle nascite e morti di tutti i terrestri di tutte le ere. I prolifici scribi finiranno la loro opera quando giungeranno alla data 9 febbraio 2027, la cosiddetta "linea dell'orizzonte", che non è esattamente la fine del mondo, perchè non tutti sembrano destinati a lasciare le penne in quella data. Ma questa era la trovata narrativa della Biblioteca dei Morti, che iniziava come un thriller, con il caso Doomsday: originale, sicuramente, suggestivo, sebbene poi americanizzato con le inevitabili connivenze con la CIA, il solito detective dell'FBI spaccone e un po' stereotipato e il galoppante finale tuttazione hollywoodiano.

Il Libro delle Anime è il secondo romanzo di Glenn Cooper, vincolato al primo in questo modo:

 - chi non ha letto La Biblioteca dei Morti, non può leggere Il Libro delle Anime;
 - chi ha letto La Biblioteca dei Morti, può tranquillamente non leggere Il Libro delle Anime.

Eh sì, perchè lungi dall'esserne il sequel, tanto per rubare terminologia alla cinematografia, il Libro delle Anime ne è il clone meno fortunato: una pura  operazione commerciale che vuole cavalcare l'onda del successo di Cooper. Purtroppo non c'è nulla di nuovo rispetto al primo capitolo, gli eventi descritti ricalcano fedelmente quanto già raccontato, e l'impressione durante e dopo la lettura è una sola: che cosa ci sta dicendo di nuovo l'eclettico Cooper? Niente. I personaggi (gli stessi) ruotano intorno al ritrovo di un fantomatico volume mancante (il Libro delle Anime, appunto), e il romanzo è una lunga caccia al tesoro del solito detective dell'FBI spaccone e un po' stereotipato e lunghi flashback sulla storia del volume stesso, storia che intreccia nientepopodimenochè le vite di Shakespeare, Calvino e Nostradamus. Peraltro le intreccia male, in maniera molto superficiale e davvero poco credibile. E poi,diciamolo: la caccia il tesoro è un espediente narrativo che dopo Il Codice Da Vinci non ha più nessuna credibilità letteraria.

Così, tra le solite fughe dalla CIA in versione Gestapo e teorie della predestinazione spiegate alle masse (o alle massaie), il romanzo volge - tutto sommato brevemente - al termine senza dare nulla: già la BDM era sembrata pubblicata in fretta e furia, con errori inamissibili per una casa editrice (i nomi dei protagonisti scambiati, per di più in scene cruciali), anche questo volume sembra scritto essenzialmente per rispettare i termini di un contratto.
Sembra poi che i traduttori italiani ci abbiano messo del loro per rendere la forma ancora più scadente: non ho letto la versione originale, ma se questo è lo scrittore rivelazione degli ultimi due anni, stiamo messi male.

Se Glenn Cooper fosse stato Ken Follett, cioè uno dei pochi autori moderni che sappiano intrecciare storie apparentemente in-credibili, questo forse sarebbe stato un romanzo avvincente, e probabilmente di non meno di 1500 pagine. Invece l'ha scritto Cooper, ed è un lavoro privo di qualità, che predilige il facile colpo di scena alla soluzione intelligente, lo scoop alla rivelazione culturale. E pensare che come proseguimento della Biblioteca dei Morti, sarebbe bastata ben poca fantasia in più per trarne un (davvero) nuovo e buon romanzo.

Vivamente sconsigliato.

Carico i commenti...  con calma