Dietro lo stile lo-fi, a volte, si nasconde una carenza dal punto di vista di produzione musicale. Ed è purtroppo questo il caso di "Disagiami", seconda opera de Gli Ebrei. Strumenti troppo slegati tra loro, volume della voce troppo basso che rende difficile l'ascolto dei testi (cosa che accade troppo spesso nella musica emergente italiana), effetti vocali eccessivi che nascondono il timbro del cantante.

"Disagiami" è a livello tematico diviso in 2 aree: l'area del disagio sociale e quella del disagio personale. La prima si ricollega musicalmente alla tradizione CCCPiana, la seconda a quella Caniana (nel senso de I Cani, ovviamente). 

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"Opportunità" è pura tristezza urbana in salsa lo-fi. Inizio molto ritmato, stacco di strumenti scordati che fa da ponte al silenzio e poi...rabbia. Quest'ultima parte è la meno riuscita del pezzo. "Ti troverai in un altro posto che egualmente ti stancherà" cantano i ragazzi, ed in effetti il secondo brano, la title track "Disagiami", liquida un interessante inizio ipnotico velatamente underground (nel senso velvettiano) con un didascalico "fare un giro in centro, respingere immigrati". Peccato, perché il verso successivo, vagamente surreale, funziona..."fare esplodere animali". L'influenza CCCP si sente, e troppo. La sensazione -dal testo e dal canto- è di cliché, non si precepisce un sincero interesse verso le tematiche social-psicologiche della realtà da "disagiati" ma un mero atteggiamento manierista. Probabilmente Disagiami è il brano meno riuscito dell'EP.

Fortunatamente Gli Ebrei cambiano marcia nel primo vero pezzo interessante dell'EP, "Strage di Pasqua". Un rockettino semplice (forse troppo semplice), fa da base ad una piccola storia d'amore che si chiude con un divertente epilogo: "come quella volta che aspettavamo il treno tu ti sei scansata ed io l'ho preso in pieno". La sensazione è di maggiore sincerità ed autenticità nei disagi personali piuttosto che nei disagi sociali. E infatti purtroppo "Scatola nera" ritorna alle atmosfere dei primi due pezzi dell'ep. Un punk sporchissimo, incazzato e rumoroso (con echi di Agnelliana memoria) che nasconde un vuoto compositivo abbastanza palese. L'evitabile (e fastidioso) assolo di chitarra finale chiude un pezzo decisamente brutto. Lo "strumentale" dà respiro all'ascoltatore: nella sua semplicità, il brano scorre senza intoppi ma fa emergere un dubbio: perché? E, finalmente, un colpo finale... "I miei vicini" riprende le atmosfere di Strage di Pasqua: "non scappo via, quant'è banale andarsene da qui" . E non dovrebbero infatti scappare Gli Ebrei dalle canzoni d'amore più semplici, perché sono quelle che riescono meglio. Canzone orecchiabile e coinvolgente che si chiude su un balcone, guardando "l'autunno della città e i miei vicini che non salutan mai".

Alla fine dell'ascolto sono interdetto. Perché malgrado il suono sporco e poco curato (che non riesco a definire "lo-fi"), malgrado la sensazione di "già sentito", malgrado alcuni evidenti limiti di composizione (che mal si nascondono dietro la durata breve delle canzoni), c'è qualcosa in questi Ebrei che a tratti funziona. Si nascondono, forse per paura, forse per timidezza, forse perché non ci credono in fondo neanche loro. Non so. Ma la genuina ironia di alcuni testi e gli appoggi pop di Strage di Pasqua e I miei vicini mi fanno ben sperare per il loro futuro.

Elenco e tracce

01   Opportunità (01:42)

02   Disagiami (02:04)

03   Strage Di Pasqua (02:04)

04   Scatola Nera (01:38)

05   Strumentale (02:10)

06   I Miei Vicini (01:55)

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