Gli Gnidrolog sono una band inglese di progressive rock, la quale nel 1972 pubblicò gli unici due album della loro discografia (senza contare Gnosis, nato dalla reunion avvenuta nel 2000). Nello stesso anno il gruppo, dopo aver pubblicato un live, scomparì dalle scene così come apparve. Andiamo ora ad analizzare il loro secondo lavoro, dal titolo Lady Lake.

La prima cosa che balza all' occhio è senza dubbio la copertina (fantastica), con un braccio malefico che spunta dall'orizzonte e un mix di colori che dà al disco una strana atmosfera ancor prima di essere ascoltato.
Dopo essere stati colpiti da cotanta bellezza, viene sistematicamente la voglia di cominciare ad ascoltare l'opera, che si apre con "I Could Never Be A Soldier". Un pezzo molto ben suonato, che sulle prime può ricordare gli albori dei Van Der Graaf Generator, anche se la mancanza nel gruppo di un tastierista si fa sentire eccome nel paragone con la band di Peter Hammill. Infatti nel complesso il pezzo è piuttosto strutturato nei suoi 11 minuti, con parti di flauto (Ian Anderson ormai aveva fatto scuola) e sax che si alternano alla chitarra, ma manca forse un pizzico di epicità che solo un organo è in grado di dare. Resta comunque una ottima canzone, forse il punto più alto dell'album, sublimata dalla melodia del ritornello con una buona prova alla voce da parte di Colin Goldring, dotato di un ugola squillante e acuta.
Segue "Ship" canzone ricca di strumenti a fiato (sax e oboe), accompagnati dalla presenza costante del cantato, fragile e spavaldo allo stesso tempo. Finale lasciato alla chitarra del fratello di Colin, Stewart, che viene riempito da degli assoli.
La traccia tre "A Dog With No Collar" è invece permeata da un' atmosfera differente rispetto alle precedenti due, molto più malinconica, segnata dalla chitarra acustica, da un sax e dal cantato, che chiudono con una breve parentesi di due minuti scarsi, quella che (ai tempi) era la prima facciata.
Viene ora la title track, altro pezzo in stile Van Der Graaf, grazie alla continua presenza degli strumenti a fiato e all'atmosfera di solitudine che traspare. Nel complesso risulta però un po' ripetitivo il continuo motivo scandito dal sax che nel finale prova ad impazzire (un po' come accade in Killer, prima traccia di H To He...).
Segue "Same Dreams" unico pezzo in cui viene suonata una tastiera (fatto piuttosto insolito per un gruppo progressive). Piacevole il motivo di piano, che dona la giusta delicatezza alla canzone.
Chiude il disco "Social Embarrassment", cantata da John Earle, finora al sax, dotato di una voce meno delicata che combinata alla musica ricorda i Gentle Giant. Un pezzo che esula dalle tracce ascoltate finora, dal ritmo più movimentato e spensierato.

Nell'insieme un opera consigliata agli amanti del progressive non troppo arzigogolato, che potrebbero fare una piacevole scoperta ascoltandola.

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