Sono letteralmente affascinato da quel periodo musicale che va dalla fine degli anni sessanta alla metà dei settanta. Una incredibile fucina di talenti, ma soprattutto un’esplosione di entusiasmo e creatività. Ho sempre pensato che il bello della vita, e della musica nello specifico, stia nella ricerca e nell’apertura mentale. Il progressive, lo si ami o lo si odi, è stato un movimento seminale nell’evoluzione del rock. Un fenomeno ben più esteso di quello che molti pensano e che non si limita ai soliti nomi altisonanti, ma al contrario ci ha regalato una serie di episodi meno conosciuti ma altrettanto validi. Tra questi mi sento di segnalare i Gracious! Come suggerisce il nome stesso, una piacevole sorpresa. Il gruppo si forma nella stagione dell’amore e, dopo un primo periodo influenzato dal british blues, decide di spostarsi nei territori del progressive. E’ una musica complessa e di impostazione sinfonica, quella che ci propongono i Gracious!

Uno splendido esempio di contaminazione che riesce a coniugare quella impronta rock blues degli esordi alla psichedelia dei primi Pink Floyd, ma recuperando anche le linee melodiche (soprattutto vocali) del beat.
La band produce due interessantissimi album: l’omonimo disco d’esordio del 1970, più sperimentale ma anche meno coeso, e il successivo e più maturo “This is… Gracious!” del 1972. Quest’ultimo tra l’altro viene pubblicato postumo allo scioglimento della band, a causa dello scarso riscontro di vendite. A poco servirono i tour al seguito di King Crimson e degli Who, che avevano invece intravisto il potenziale di questo gruppo.
Il disco contiene cinque brani, tra i quali spicca senza dubbio la lunga e articolata “Supernova: Arrival of the Traveller”. Una suite che si divide in quattro movimenti e raccoglie in sé tutto l’eclettismo di questa band. Dall’apertura in chiave psichedelica alle parti vocali che richiamano i Genesis dei tempi migliori. Ma in realtà l’ascoltatore può trovare gli spunti più svariati in questi venticinque minuti, dal jazz rock al pop sinfonico. 

Un viaggio onirico che alterna atmosfere stralunate, melodie sognanti e momenti più aggressivi. Memorabile. La seconda parte di questo lavoro è altrettanto interessante, sebbene i pezzi presentino una struttura decisamente più lineare. “C.B.S.” è una composizione energica e con un groove accattivante, a tratti decisamente hard. Il brano si sviluppa su ritmiche dinamiche e digressioni strumentali notevoli. "What's Come To Be" è invece una delicata ballad impreziosita dal suono di un mellotron, che ci conduce per mano nel sogno del Re Cremisi. A seguire un brano più allegro e vivace “Blue Skies and Alibis”, che gioca tra passaggi strumentali di matrice funky e parti vocali più melodiche. Un’altra peculiarità di questo gruppo sono i cori, davvero ben studiati e con strutture sempre diverse. A chiudere il disco “Hold me Down”, canzone più immediata e tipicamente rock. La traccia meno originale del disco, ma non per questo da trascurare.

In definitiva questa è un’opera consigliata a chi ama la musica elaborata, ma che sa allo stesso tempo essere semplice. A chi crede nella musica senza schemi, ma ragionata. Scoprire gioielli di questo calibro non ha prezzo. Per tutto il resto c’è Mastercard.

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