Il disco della svolta country dei Grateful Dead. Dopo la sbandata psichedelica e acida che aveva prodotto capolavori come "Anthem of the sun" e "Live/Dead" i Dead approdano ad un disco più pacato anche se sotto la scorza country si avvertono ancora spunti del sound precedente. Innanzitutto più che una svolta si potrebbe definire un ritorno visto che soprattutto Garcia veniva proprio da quel tipo di musica. Primo di loro Dylan con "Nashville Skyline" e i Byrds con Parson avevano prodotto dischi di ottimo country rock, e ancora prima abbiamo i padri fondatori "Buffalo Springfield", ma questo dei Grateful Dead si distingue a mio avviso per l'esecuzione sopraffina dei brani.

Ci sono due classici delle loro esecuzioni live e vale a dire "Uncle John's Band" che apre l'album dando subito il tono a tutto il disco. Chitarre acustiche, voci delicate e una conclusione che cita i Jefferson Airplane come a mantenere un contatto con l'altro grande gruppo di Frisco. L'altro classico invece chiude l'album ed è la mitica "Casey Jones" con la chitarra solista di Garcia pronta a disegnare un sottobosco di atmosfere cupe su una musica invece solare e allegra. In mezzo abbiamo tanto country come nel brano "Dire Wolf" con la chitarra slide in evidenza su tutto. In questo brano Pigpen viene tenuto più a freno, si sente la sua voce e il suo organo mostruoso nell'unico brano psichedelico del disco e vale a dire "Easy Wind". Atmosfere assolutamente rilassate invece in "High Time" un brano che ascoltato con attenzioni ci porta in uno stato di rilassatezza unica, è proprio in questo brano che sotto sotto si sentono i soliti Dead, capaci di portarci in uno stato di trance acustica. Stesso discorso per "Black Peter" dove fa capolino l'organo di Pigpen in momento inaspettato.

Se vogliamo trovare un difetto a questo disco forse è nel fatto che sia po' troppo corto. Dopo realizzeranno "American Beauty" sicuramente più compiuto ma meno spontaneo e che strizza un po' tropop l'occhio ad un sound furbetto.

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