Assenza di idee.

Questo è ciò che ho pensato appena ho finito di ascoltare il pezzo instrumentale "Memories" che chiude questo tortuoso, monotono e poco convincente ultimo lavoro dei Graveworm. In questi ultimi anni, volendo o nolendo, son riusciti ad acquistare sempre più prestigio davanti ad un pubblico metaller che ormai qui in Italia li ha etichettati come tra i più rappresentativi della scena gothic metal estrema.

Prima di sentire "Collateral Defect" ho voluto assistere all'ascolto di una delle immancabili e prestigiose perle che hanno pubblicato nel corso della loro carriera: sebbene abbiano realizzato soltanto in una forma molto più melodica e potente la cover "Losing my Religion" dei REM, questa sola canzone è riuscita nell'intento di simboleggiarli e renderli quanto più famosi possibile. A maggior ragione mi son accorto discutendo con gente con i miei stessi gusti musicali che appena si parla di loro ormai sorge spontaneo discutere di questa loro curiosa cover, realizzata con particolare accuratezza e che costituisce uno dei pezzi salienti del positivo "Engraved in Black" del 2003. Diciamo che le cover portano molta fortuna a questa band, in quanto anche in chiave live il pubblico incomincia a farsi sentire e a riscaldare la serata soltanto quando iniziano ad introdurre le prime note di una famosa cover che son riusciti a modificare alla grande.

E così vale per questo "Collateral Defect"! Se non fosse stato per la cover "I Need a Hero" di Bonnie Tyle, non dico tutto, ma quasi, sarebbe stato da gettare. Infatti se proprio dovessi pescare, forzatamente, uno dei migliori brani che ci hanno proposto, prenderei come esempio "Fragile Side", romantico, cattivo, oscuro, in grado di farci vivere per pochi attimi nei fondali più inquietanti e struggenti di sempre, impreziositi, nel ritornello, da linee vocali pulite, memorabili e di rara efficacia. Passiamo ora alle molteplici note dolenti: siamo di fronte ad un gruppo che, con quest'ultimo album, tende, spudoratamente, ad avvicinarsi quanto più alla plurifamosa e comunque contestatissima extreme gothic metal band inglese di Ipswich: i Cradle of Filth. Eh già, il problema principale sta nel fatto che rappresentino soltanto la brutta copia di un copione che sarebbe ugualmente da non prendere come esempio e da lasciarlo finire, possibilmente, nel più vicino cassonetto dell'immondizia. Se siamo dei fan sicuramente potremmo mettere in evidenza la loro indubbia professionalità, con la quale sanno ottimizzare il suono con grande disinvoltura e caparbietà, ma, allo stesso tempo, se siamo molto più obiettivi di un loro semplice fan, andrebbe anche detto che la maggior parte dei brani poggia come sempre su un riffing Thrash Metal melodico completamente superfluo, alquanto anonimo e privo di personalità e sull'ancora più abusata alternanza di vocina e vociona superficiali, prive del mordente necessario per spaccare (per non parlare della loro insensata monotonia), e alle quali, ovviamente, sono sempre stato totalmente impermeabile.

In poche parole, originalità zero. Ma evidentemente questo alle case discografiche importa poco, perché sappiamo benissimo, per fare un esempio, che quella inaugurata da Dani Filth è una delle band più famose e "redditizie" del gothic metal. Tuttavia non possiamo negare che "Collateral Defect" sia un prodotto che verrà lasciato ed abbandonato lungo gli scaffali di un negozio di cd; tutt'altro: potrà piacere e potrà essere venduto a grandi quantità, alla faccia dell'originalità che hanno proposto attraverso l'uscita di questo loro ultimo full-length. Il problema principale è che la gente non capisce che di canzoni di questo tipo ne abbiamo già sentite a bizzeffe e non si discostano di un millimetro da quanto espresso durante la loro carriera dagli stessi Cradle Of Filth, dai Dimmu Borgir, dagli Old Man's Child e da milioni di band e artisti simili a queste. Scordatevi quindi la parola innovazione che sarebbe stata possibile soltanto attraverso l'introduzione di nuove vibrazioni oscure, di sensazionali atmosfere mistiche ed occulte e di innovative melodie magniloquenti che avrebbero contribuito a farci strappare, spontaneamente, un sorriso dalla bocca sia nei confronti di questa band che per il futuro che ci attende. Ciò non toglie che questo nuovo cd porterà ulteriore fama ai Graveworm e contribuirà ad affermarli ancora di più a livello internazionale, portando un'altra band italiana sempre di più alla ribalta. Se poi questo sia giusto o meno non tocca di certo a me deciderlo.

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