The girls were dancing, she was coming of age.

Queste parole, assolutamente fuori contesto, che mi permetto di prendere in prestito da un pezzo di Tori Amos che ho molto a cuore (Seaside), possono riassumere l'essenza di questo piccolo gioiellino del duo Grewig (Greta, esordiente dietro la MDP ed autrice anche della sceneggiatura) - Ronan (Saoirse, irlandese-americana dal più bel viso e dai più bei occhi del panorama hollywoodiano, oltre che splendida giovane attrice, da tanti anni in costante ascesa, dai tempi dell'indimenticabile vittima ragazzina di Amabili Resti in poi). Duo regista-interprete quanto mai inscindibile in questo caso.

Lady Bird, piccolo-grande romanzo di formazione, che attorno al rapporto di amore-odio per la California meno sotto ai grandi riflettori di Sacramento (i cui figli si sentono nati da un Dio minore rispetto ai cugini losangelini o di San Francisco) costruisce, mostra questo percorso di crescita di una giovane ragazza piena insieme d'incertezze e sfrontatezza, speranze, imbarazzo per le umili origini rispetto alle ricche compagne più In, vogliosa di ribellione adolescenziale, di autodeterminazione ed evasione. Che alla California di cui sopra, preferisce una idealizzata New York, o quantomeno una generale East Coast, dove la cultura germoglia e "gli scrittori vivono nei boschi". Una ragazza come tante, nella sua ingenuità e nella sua genuina voglia di vita.

La Gerwig, ambientando la vicenda nel palindromo 2002 a un anno dal punto di svolta della storia moderna occidentale e statunitense in particolare, rievoca il periodo senza sentimenti nostalgici né anti-nostalgici ("memoria di rifiuto" per dirla fellinianamente); i riferimenti ovvi all'11/9 sono più marginali che centrali, il sentimento anti-bushano è comunque messo in secondo piano rispetto al percorso del suo giovane alte-ego, che ricorda come, alla fine, della guerra importasse molto relativamente rispetto ai tormenti della vita "reale" e presente.

Il rapporto, anche questo di amore-odio, con la madre, che si specchia perfettamente con quello delle proprie radici territoriali; i primi rapporti con l'altro sesso, le dinamiche scolastiche e relazionali con docenti, amici ed il resto del nucleo familiare.

Tutto questo è ritratto dalla Gerwig con grande affetto e sincerità nei confronti della sua eroina, in un mondo in cui la globalizzazione, alle soglie dei primi anni '00, è realtà non prossima ma attuale.

Chiaramente il film contiene tutti quegli elementi politicamente corretti che piacciono all'ambiente liberal hollywoodiano: omosessualità, famiglia interrazziale, giovanilismo anticonformista. Ma, per quanto mi riguarda, non c'è ruffianeria nell'amarcord della protagonista di Frances Ha. Lady Bird è un film che ha il dono della genuinità, per quanto si senta chiaramente l'influenza (e ci mancherebbe che così non fosse...) del cinema indie USA di cui Greta è una delle grandi protagoniste, a partire dai film del guru dell'ambiente Baumbach (Noah, a cui è sentimentalmente e professionalmente legata da anni). Lei stessa di Sacramento (di recente ha parlato di come abbia in progetto altri film legati alla stessa ambientazione), è evidente come rifletta molto di se stessa nella controparte filmica rappresentata dalla Ronan. Ma, per chi conosce i suoi film in coppia con Baumbach (da Greenberg in poi), non sarà poi difficile scorgere i legami di stretta parentela con la Christine/Lady Bird qui presente.

Con le recenti, decisamente sciagurate, dichiarazioni contro Woody Allen, all'interno del pessimo clima attuale scaturito dai pessimi movimenti metoo e Time's up, la Gerwig non ha attirato si di se molte simpatie (a Hollywood è ovviamente diverso, viste le tante candidature di peso agli Oscar). Nondimeno, è ingiusto giudicare male un film come Lady Bird per questo.

Un piccolo film indipendente forse non originalissimo, ma che coglie nell'essenza il binomio leggerezza/profondità proprio delle migliori produzioni del panorama indie dai primi lavori andersoniani in poi. E in cui la presenza, tra i protagonisti secondari dell'altro emergente Lucas Hedges, lanciato proprio da Wes Anderson - di cui Baumbach è noto compare -, è un altro segno distintivo di come sempre in famiglia, all'interno del proprio microcosmo, in fondo, si resti.

Saoirse è perfetta ed adorabile come sempre, lei stessa ha parlato di come sia stata felice d'interpretare un personaggio così "reale" e, credo (da sue vecchie interviste), vicino al suo stesso essere.

Vediamo ora come andrà nella notte degli Oscar, ma comunque non sono rimasto deluso da un lavoro che, pur non straordinario, scorre benissimo e senza pretese.

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