“Roba che disintonizza la testa”, così Julian Cope definisce l’esordio dei Guru Guru dalle pagine del suo celeberrimo “Krautrocksampler” ed anche solo prendendo in considerazione gli otto minuti e ventinove secondi della conclusiva “Der LSD-Marsch” non possiamo far altro che essere in piena de-sintonia con lui. Ma andiamo con ordine.

La band ruota intorno alla figura dell’eclettico batterista/cantante Mani Neumeier, dove la parola cantante assume, qui, un valore diverso, non potendo non assegnare la parola “nuovo” all’esordio dei Can di un anno prima, con il vocalist Mooney che traccia follemente la strada. Ma qui i suoni della voce vengono centellinati e tribalizzati, tanto da essere il perfetto contrappunto alle chitarre di Ax Genrich, che disegnano trame in disequilibrio tra il free-jazz più rumoroso e riff pesanti e potenti da far impallidire persino Iommi nell’esordio dei Black Sabbath. Il basso di Uli Tepte trascina gli strumenti dei due compagni e li conduce vigorosamente lungo il percorso, dove anche la batteria di Neumeier si lancia in territori free-form a scardinare le strutture convenzionali della musica rock... come un adulto che conduce per mano due bambini all’interno di un luna-park, e deve tenerli saldamente perché non fuggano impazziti, attratti dalle luci sfavillanti degli stand. Tutto questo (e molto altro) è l’iniziale “Stone In”, che lancia “Girl Call” dall’incedere “languido” come può esserlo un territorio polverizzato da un esplosione nucleare e che si sviluppa in un’orgia noise-rock con la chitarra che tenta di stravolgerti il sistema nervoso e la batteria che sembra voler dipingere tutte le tonalità della pazzia, in un esercizio quasi math-rock incredibilmente avanti sui tempi. Esercizio che sublima in “Next Time See You At The Dalai Lhama”… un’allucinazione liquida e terrificante, dove anche il basso di Tepte fatica a rimanere dentro i binari e viene trascinato nel deragliamento impazzito. Un dipinto sonoro freak-mistico. I dieci minuti e mezzo della title-track sono segnali captati dal profondo dello spazio, quasi a voler sottolineare la loro più totale adesione al movimento di Musica Cosmica definito qualche tempo prima da Edgar Froese dei Tangerine Dream… gli strumenti che permetto di sentire le voci del cosmo sono radio a transistor, nastri e microfoni a contatto, gong, intercom, effetti eco e batterie elettroniche, il tutto manipolato direttamente da un’intelligenza superiore aliena. E torniamo alla conclusiva “Der LSD-Marsch” che riprende gli echi spaziali di “Ufo” trasformandoli nel brano più modernamente noise che si era mai sentito fino ad allora, tanto che passeranno più di dieci anni prima che i Sonic Youth si lancino a tutta velocità dentro il tunnel progettato nel 1970 dai folli architetti dei Guru Guru.

E provate a ri-sintonizzarvi il cervello, ora, se ne siete capaci.

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