Nel 1995 usciva questo primo bel dischetto dei Guster, band della scena alternative americana, formatasi all'incirca un ventennio orsono e con all'attivo sei full-length.
Nonostante la catalogazione nelle sezioni alternative, questo "Parachutes" suona piuttosto come una tribale festa popolar-folkloristica di piazza, dove i protagonisti indiscussi sono congas, chitarre acustiche e canti pseudo-pop armonizzati.
Gli stessi Guster però si espressero negativamente sul disco, citandolo come - se non uno scarto - uno dei loro sforzi peggiori. Una sorta di peto.
Che sia stato un provocatorio biglietto da visita? La passione per i peti è ormai arte apprezzata e condivisa anche sui social-network, chissà.
Intanto io mi sento di consigliare vivamente l'ascolto di quelli che probabilmente sono i brani di punta del disco, a cominciare dal crescendo della ballata finale che dà il titolo al disco, "Parachute";  o la ritmata "Scars & Stitches", che spezza il riff quasi funky con un ritornello particolarmente illuminato ed evocativo; ma anche la gradevole "Mona Lisa", la seconda del lotto, ma quella che per prima riesce a catturare la nostra attenzione.
Disco poco impegnativo e munito di spunti interessanti. Davvero piacevole, altroché.

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