Guy Clark chino su una chitarra ne sistema il ponte e le corde con la perizia di un vero liutaio. Non è un numero di prestigio, non indossa guanti da chirurgo. Mentre lavora, bofonchia con una sigaretta all'angolo della bocca con la noncuranza sicura e precisa di chi ha un rapporto con il legno così quotidiano che dove finiscono le sue dita "deve in qualche modo cominciare una chitarra".

Questa scena di rara intensità si nasconde nel cuore del film "Heartworn Highways", omaggio sfocato e discontinuo al country. Come aggiusta chitarre, Guy Clark costruisce canzoni. Uso il presente perchè l'artigianato di Guy Clark è senza tempo. Le sue canzoni sono proprio sue grazie al timbro inconfondibile della sua voce di cartavetrata, ma gli accordi e le parole sono l'archetipo del racconto orale trasportato dal vento e dai viandanti di terra in terra.

Gli arrangiamenti di "Old Number One" sono semplici, ma della semplicità che solo il lavoro consente; canzoni intagliate, piallate, cesellate, con quieta dedizione: a lavorare accanto a Guy nella sua bottega artigiana sono il fiddler Johnny Gimble, il pianista discreto David Briggs, Chip e Reggie Young alle chitarre, ma anche un giovane apprendista di nome Steve Earle, che forse una "Mercenary Song" non l'avrebbe mai composta se non fosse maturato nella luminosa penombra del maestro, magari meditando note e parole di "L. A. Freeway", atipica outlaw song se ce n'è una.

Gli arrangiamenti sono semplici e vestono le parole di sobria autenticità perchè, come diceva Eduardo De Filippo, se cerchi la forma non trovi nulla, se cerchi la vita trovi la forma. E di vita trasuda tutto il disco, che segua quella randagia di un fiddler from Kentucky o si soffermi sul breve incontro tra un'autostoppista e una cameriera disillusa che dopo una notte si separano semplicemente perchè "she just had to go to work and he just had to go". Per ogni ritratto si potrebbe individuare un genere musicale indossato con grazia, dal talking blues alla ballad all'honky tonk, ma sarebbe far torto alla capacità evocativa della musica, perchè non più di generi si tratta ma di stati d'animo, di luce del mattino, di profumo dell'aria...

Quando la puntina si solleva dal disco resta un solo problema... dove lo trovo un altro disco da ascoltare senza che il suo essere "solo musica" faccia svaporare dalla stanza il sapore di vita vissuta che Guy Clark è riuscito ad evocare? Townes Van Zandt? John Prine che canta ?Sam Stone?? Forse, potrebbero andare, non dico di no, ma quasi quasi mi limito a riabbassare il braccio del giradischi e mi concedo un altro ballo con "Rita Ballou"....

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