Bond esce dall'acqua, vestito da sub.
Lancia un arpione e supera il muro di cinta di una specie di enorme impianto/deposito di sostanze chimiche.
Elimina facilmente una guardia, si introduce in un silos grazie ad un passaggio segreto e vi piazza una bomba ad orologeria.
Esce dalla struttura e solo allora si toglie la muta, sfoggiando uno smoking bianco, impeccabile, senza neppure una pieghetta, a cui appunta un garofano rosso, appena colto, che serbava gelosamente tra le natiche.

Siamo al minuto 2:30 e hai già capito perchè lui è James Bond e tu devi solo sperare che le mutande che hai steso ieri sera si siano asciugate, altrimenti pure oggi dovrai andare al lavoro con le crosticine che ti arrossano il pòpò.

Poi parte la canzone...

Gooooold... fi(nnn)gaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
He's the maaaan
The man with the Maaaidas TACC!

canta Shirley Bassey, rischiando la slogatura della mascella ad ogni refrain, mentre il titolo di testa viene elevato a forma d'arte.

Datemi donne seminude ricoperte d'oro da usare come schermo e poi lasciatemi morire.
Finiamola qua.
7-8 minuti al massimo.
Il cortometraggio più bello di sempre.
E non abbiamo nemmeno incominciato.

Leviamoci subito il pensiero, mica che poi qualcuno mi cazzia.
Il corpo di Shirley Eaton (semi)nuda e ricoperta d'oro è la carrozzina che cade dalla scalinata.
La testa di cavallo mozzata nel letto. Gli elicotteri che volano al ritmo di Wagner.
Io che, fatto come un cane, piscio in un cespuglio del giardino del ristorante al matrimonio di mia sorella.
Immagini che ti si stampano indelebili nella mente.

Quella schiena nuda e luccicosa è uno dei miei primi ricordi cinematografici.
Era la metà degli anni '80, un periodo ormai leggendario, in cui non c'erano l'anticipazione dei titoli del TG5, Striscia la notizia, i pacchi, la televendita, i consigli per acquisti e amenità varie: i film iniziavano alle 20:30 spaccate e un bambino di prima elementare poteva ancora sperare di vedere un film in televisione, sul divano, con mamma e papà.
La visione di quel cadavere ricoperto d'oro mi impressionò più di scene molto più violente che mi era capitato di vedere in precedenza.
Non capivo cosa fosse successo.
Come potesse essere morta.
Tant'è che, lo ricordo benissimo, chiesi subito spiegazioni a mia madre.
La quale probabilmente mi liquidò con qualche troiata tipo: "Anche lei non si voleva mai tagliare le unghie dei piedi".

Quello che stupisce di "Missione Goldfinger", il suo vero punto di forza, è senz'altro la sua iconicità.
Anzi, ancor di più, la sua sfacciataggine.
E' la piena consapevolezza di avere per le mani un marchio che sta letteralmente conquistando il pubblico dell'intero pianeta e, quindi, la possibilità di alzare indefinitivamente l'asticella, di poter osare, fottendosene, all'occorrenza, di quisquiglie quali la verosimiglianza o il pudore.
Pensiamo anche solo al soggetto alla base del film.
Auric Goldfinger è un famoso addestratore di cavalli con la fissa per l'oro che mette a punto un piano per assaltare Fort Konx, la riserva aurea degli Stati Uniti.
Grazie ad una squadriglia di aeroplani pilotati solo da figone, a loro volta capitanate da un figone più grosso, spruzzerà su tutta l'area circostante il deposito un potente narcotico che neautralizzerà gli oltre 40 mila soldati posti a guardia del fortino.
Quindi, farà scoppiare una piccola bomba atomica all'interno del caveaux sotterraneo, in modo da rendere l'oro ivi custodito radiattivo per un periodo stimato in circa 58 anni, facendo, così, aumentare di oltre dieci volte la valutazione della propria riserva aurea.
Già che c'era poteva anche organizzare l'attraversamento delle Alpi a bordo del mio vecchio Si Piaggio a miscela...

In "Missione Goldfinger" tutto è meravigliosamente esagerato, al limite del cafone o della parodia.
Pensiamo soltanto al "Pussy Galore Flying Circus" o al personaggio di Oddjob: fidato braccio destro muto, forzuto, koreano, che ammazza la gente lanciando un cappello... Lo stesso Goldfinger, a ben vedere, non è credibile come cattivo: è un ciccione paciarotto che quando vede un lingotto d'oro secerne una specie di ormonella, tipo quattordicenne al primo giornaletto porno, e non capisce più niente. E quando, alla partita di golf, si presenta vestito da bambolotto anglo-tirolese, vorresti soprattutto dargli un buffetto sulle guanciotte e comprargli un altro maritozzo.
Sono macchiette, personaggi e situazioni che oggi ci aspetteremmo di trovare in un manga di quelli in cui il protagonista deve combattere contro mille nemici, uno più pazzerello dell'altro.
E, nel loro insieme, funzionano meravigliosamente.

Venendo (verbo scelto non a caso) a questioni ben più serie, è il turno della milfona Honor Blackman, a cui, indipendetemente da quello che sarà il suo posizionamento finale nella "Best Boom Bond Pussies", va riconosciuto il merito di essere riuscita a recitare nella scena in cui svela il proprio nome senza ridere come una matta.

Pussy Galore gode di troppa notorietà per dedicarle un'analisi approfondita.
In questa sede sarà sufficiente ricordare a grandi e piccini che tiene i seni gonfi come meloni maturi, due occhi azzurri da cerbiatta maiala e uno stacco di cosce che sembrano quattro, messe una sopra l'altra.
Ha uno sguardo molto intrigante, di chi la sa lunga.
Oppure di chi potrebbe svitarti il pene con la sola forza di un sopracciglio.
Sprizza sicurezza da tutti i pori, forse consapevole di quanto il suo fisico statuario faccia spruzzare tutti i nostri porri.
Personalmente preferisco altre tipologie di donne, ma quel che è giusto è giusto.

Piuttosto, vorrei approfittare di questo spazio concessomi dalla direzione per richiamare l'attenzione su una Bond Girl secondaria (e fuori concorso), ma che, a mio modestissimo avviso, avrebbe meritato maggiore attenzione.
Sto parlando di Tania Mallet, che interpreta la sfortunata Tilly (in pratica, la sorella di quella che viene verniciata d'oro).
Bellezza raffinatissima, probabilmente ha pagato l'eccessiva somiglianza con Daniela Bianchi del precedente "Dalla Russia con amore", e delle misure non certo esplosive.
Peccato, perchè a me hanno insegnato che una scena in lingerie non la si nega a nessuno.

E ora, le classifiche aggiornate!


"Best Boom Bond Movie":

1) Dalla Russia con amore – 1963;
2) Missione Goldfinger – 1964;
3) Licenza di Uccidere – 1962;

"Best Boom Bond Pussies":

1) Daniela Bianchi – Tatiana Romanova;
2) Honor Blackman – Pussy Galore;
3) Ursula Andress – Honey Rider;

Prossimo appuntamento: "Agente 007 - Thunderball: operazione tuono".

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