Correva l'anno 1969, i musicisti iniziavano ad esplorare le possibilità del funk e della sua fusione con altri generi quali il jazz, il soul e finanche la psichedelia ed Harry Betts, trombonista e compositore che viaggiava verso la cinquantina, musicava The Fantastic Plastic Machine, documentario sulle avventure di una schiera di surfisti statunitensi, alle prese con un torneo da gareggiare nelle spiagge australiane.

Ovviamente, trattandosi di tanto argomento, la musica non può non essere in tema. Un surf solare, senza pretese se non quella di accompagnare la visione delle evoluzioni acquatiche dei protagonisti. Talvolta la musica si sviluppa nella direzione funk sopra accennata, con risultati anche piacevoli (Green-O, McTavish) o verso soluzioni meno impegnative ma comunque gustose (Day groovin') o persino verso soluzioni che ricordano il miglior David Axelrod (Green grotto).

Non è un lavoro memorabile, non perderete il sonno se non l'ascolterete ma, allo stesso tempo, non perderete tempo se gli presterete attenzione (dura poco più di mezz'ora). Vedete voi.

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