Montagne di neve mi fanno l'occhiolino. Finalmente un soffice manto ha ricoperto a dovere le piste del mio amato Trentino e parto la mattina presto per andare a togliere un po' di ruggine dalle lamine dei miei sci. In un baleno carico sul mio lettore MP3 uno dei tanti cd che non ho avuto il tempo di ascoltare.

I primi tre capitoli degli Heavenly non avevano lasciato il segno e non riponevo grandi aspettative nel quarto "Virus", ma commenti entusiasti di alcuni conoscenti mi hanno spinto a sentire di sfuggita la nuova opera. Una copertina particolarmente incazzosa e paurosa sembra far presagire ad un brusco cambiamento di sound. Peccato che le tonnellate di tastiere continuino a persistere, la voce di Ben Soto sia quasi sempre altissima e le melodie dei cori siano curate e affabili quanto il trucco di una pin up e il fare di un assicuratore. Riff di chitarra?? Mero accompagnamento per gran parte del disco e pronti a sciogliersi in prossimità dei ritornelli. Insomma sempre i soliti Heavenly; copia carbone di Gamma Ray & Company.

Comincio a sciare con in testa le melodie di "Spill Blood On Fire" e mentre l'assolo di chitarra si staglia nel mio apparato uditivo mi lascio andare a curve ampie e pieghe in controllo per cominciare con calma. La neve è dura, ma non ghiacciata e il finale pomposo del coro mi spinge a darci dentro. L'intro metallico di "Virus" mi gasa a dovere, quasi mi illudo, e mentre sento il cuore che comincia a pompare aumentando la frequenza dei battiti sento di stare riprendendo confidenza con gli attrezzi. Nelle prossimità del bridge, zuccheroso al punto da essere stucchevole, mi permetto una pausa per far riposare le mie gambe... e premere il tasto skip per cercare qualcosa che mi stuzzichi. Mentre vengo investito dalla sezione ritmica mi pongo un amletico interrogativo: è meno originale lo speed metal qui proposto, il titolo "The Power And Fury" o il coro barocco che mi sta martellando gli zebedei? Non volendo approfondire l'argomento decido di salutare con la manina il suddetto brano e scendere fino all'ovovia assaporando il silenzio. Durante la risalita faccio quattro chiacchiere e lascio riposare il mio MP3 sperando che questa "pausa di riflessione" possa giovare anche agli Heavenly. Un arpeggio dà il la alla migliore del lotto ("Wasted Time"). Il sole si fa spazio tra le nuvole e mi permette di avere una visuale perfetta sulla pista. I piedi rispondono bene ai miei ordini e decido che è ora di saltare un po'. Trovo lo spunto su una gobbetta mentre arriva un break arioso durante il quale Soto mostra di saper variare nel cantato (o è Kakko che canta con lui??). Gli snowblade sono degli sci della lunghezza di un metro e ti permettono di fare delle evoluzioni in maniera abbastanza semplice come le trottole e i 180° o 360°. Ascoltando l'esagerata opener "The Dark Memories" che con tempi incalzanti si apre benissimo nel coro mi sono lasciato andare a queste evoluzioni girandomi, ruotando il busto e facendo attenzione che le code non si incrociassero. Capita a tutti gli sciatori di cadere, specie se questi non si divertono a scendere con il pilota automatico in totale tranquillità. Un dosso, magari non troppo visibile a causa della luce non perfetta, può essere la causa. Troppa velocità e poca convinzione nell'affondo delle lamine e ti ritrovi per terra in un baleno. Esattamente come l'inutile e neoclassica "Bravery In The Field" dotata di un break tastieristico vomitevole quanto inconcludente. Mi rimetto in piedi senza nessuna conseguenza (una scivolata di qualche decina di metri non è mai piacevole se capita a una certa velocità, ma raramente va al di là delle botte) e ricomincio con tranquillità. Direi che la ripresa rispecchia le sonorità scontate di "Liberty" che scorre senza lasciare il segno per 5 minuti tra up tempi e solite linee melodiche affabili richiamanti Gamma Ray. Le gambe, dopo qualche ora di sport, cominciano a farmi male e la sosta al bar per un panino ha accentuato l'acido lattico. L'ultimo sforzo per una bella discesa e un salto coincide con la bella cover "When The Rein Begins To Fall" che riporta alla mente gli anni '80 e vede Soto duettare con una donzella. L'arrivo alla macchina corrisponde al finale da fuochi d'artificio di puro happy metal magniloquente, grasso di "The Prince Of The World".

Quali sono le conclusioni che si possono trarre? Gli Heavenly non cambieranno mai e se il titolo "Virus" unito alla copertina avrebbe potuto presagire un cambio di rotta ci sono le sonorità ultrapatinate di tutte le canzoni (arrivate fino ai ritornelli prima di giungere a delle conclusioni) a farci ricredere. Soto è sempre il solito cantante monocorde, il chitarrista dimostra come altri 100 esimi colleghi del settore di avere manico, mentre la batteria ha un suono impastato e fastidioso. L'originalità non esiste, ma non è un problema riconducibile solo a loro. Senza ombra di dubbio piacevoli da ascoltare, ma assolutamente inutili nel panorama del power dal mio punto di vista. Devo dire che sciando e stando attento più alle curve che alla loro musica ho apprezzato più di quanto credessi il loro lavoro. Questa volta un bel 2 pieno e qualcosa in più non glielo toglie nessuno.

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