C'era proprio bisogno di tirare fuori dopo diciassette un titolo tanto celebre come quello di cui si fregia quest'album? A qual pro, poi, se non per una mera questione di vendite? A detta della band, questo titolo è stato scelto proprio per riscattarsi dal proprio passato e per dimostrare a tutti che gli Helloween non sono solo i due keeper e che nonostante l'assenza di due tra i loro pilastri nella line-up, il versatile folletto Kai Hansen e l'ugola d'oro Kiske, sanno produrre comunque ottimi lavori, lavori che presumibilmente trovano come capostipite proprio questo, probabilmente il migliore dell'era Deris, superiore ad'album comunque buoni come "Better Than Raw" e "The Dark Ride". Tuttavia il titolo scelto da Weikath e soci non fa altro che forzare la nascita di un confronto tra il passato e la sua eredità, confronto nel quale l'eredità si ritrova miseramente schiacciata da un passato troppo brillante per poter essere bissato, che getta su quest'album parecchie ombre e che rende il passato ancora più brillante. Tuttavia, nonostante il confronto appaia essere così forzato, ritengo giusto cercare di giudicare questo terzo Keeper Of The Seven Keys per quel che è, ovvero un buon album, che pecca forse di compattezza e di una qualità non omogenea nei vari brani.

L'album si presenta in un formato sfarzoso, ed'è formato da ben due CD, per un totale di tredici brani, tra i quali spiccano due suit, quasi a voler rendere ancor più forzato il confonto con i primi Keepers e le celebri "Halloween" e "Keeper Of The Seven Keys". La prima, "The King For A 1000 Years", apripista del primo cd e quindi dell'intero album, scritta a dieci mani da tutti i componenti del gruppo, è quanto di più bello abbiano scritto gli Helloween negli ultimi anni: quattordici minuti emozionanti, pregni di luce e ombre, allegri, malinconici e aggressivi allo stesso tempo, tra un ottimo utilizzo delle tastiere, cambi di ritmo, mirabolanti assoli e un ritornello evocativo e trascinante, che lasciano ben sperare per ciò che seguirà. Introdotta dal sempreverde basso di Grosskpof, "The Invisible Man" si dimostra un buon brano, convincente e parecchio catchy, specie per quanto riguarda il ritornello. Ma dopo altri sette minuti piuttosto buoni, con "Born On Judgement Day", la speranza di trovarsi nello stereo un Keeper degno del suo nome inizia a farsi più fievole: per quanto piacevole e nonostante un notevole assolo di basso, il brano manca di freschezza, e suona parecchio di già sentito; "Pleasure Drone" non fa di certo tornare il sorriso sulle labbra, perchè stavolta il brano neanche è granchè piacevole da sentire, e la voce di Deris si fa realmente insopportabile e porta a skippare verso "Mrs. God", il primo singolo estratto dall'album, canzoncina piuttosto insignificante nei suoi tre minuti scarsi, che svolge bene il suo lavoro senza comunque strafare in qualcosa di particolarmente eclatante. "Silent Rain" è invece un brano parecchio buono, trascinante e dotato di un ottimo ritornello, che ancora, come in "The King For A 1000 Years", riesce a essere triste e allegro allo stesso tempo, e che tratta di un tema che non ho mai visto affrontato in questo tipo di musica, che mi ha molto colpito, la pedofilia. È con questo che si conclude la prima parte dell'ultima fatica delle zucche amburghesi, ed'è con la seconda suit, "Occasion Avenue", scritta interamente dal singer Deris, che si apre il secondo cd: ancora una volta gli Helloween cercano il parallelismo col passato, citando direttamente, in una sorta di intro, "Eagle Fly Free", "Halloween" e "Keeper Of The Seven Keys", emesse da una radiolina che un fantomatico ascoltatore ascolta, alla ricerca di qualcosa che lo appaghi; la sua ricerca si ferma quando imposta la frequenza su "Occasion Avenue", che inizia lenta per poi proseguire in riffs veloci e potenti, buonissimi assoli e cambi di ritmo ancora una volta ben riusciti. Nonostante sia oggettivamente un ottimo brano, risulta comunque inferiore a "The King For 1000 Years", ed' è seguito da due brani bruttini, una insipida ballad dove Deris duetta con Candice Night, "Light The Universe", e "Do You Know What You're Fighting For", che vanta il primato di brano col ritornello peggiore dell'intero album. E se "Come Alive" non è molto migliore, la velocissima e iper-serrata "Shade In The Shadow" risveglia da un possibile abbiocco l'ascoltatore, messo davanti a due brani molto buoni, l'ottantiana "Get It Up" e la conclusiva "My Life For One More Day", che hanno, comunque, la pecca di suonare ancora una volta di poco originale.

"Keeper Of The Seven Keys-The Legacy" è in conclusione un buonissimo album, dove però la quantità è prevalsa sulla qualità, con alcuni brani piuttosto mediocri che contribuiscono a rendere il confronto col passato ancora meno proponibile: se gli Helloween avessero scelto di evitare l'inserimento di tutti quei fillers, e se si fossero limitati a un solo cd, che tanto avrebbe reso meno caotico l'ascolto, il risultato del terzo "Keeper Of The Seven Keys" sarebbe stato ben diverso, e il confronto col passato ben più fattibile. Peccato.

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