Ciao gente (tanto per variare), un genere di cui mi sono incidentalmente occupato in precedenti recensioni e commenti varii è quello "erotico all'italiana", che ha il suo "campione" in Tinto Brass e nelle sue attrici (ovvero in una parte di esse, quella posteriore), ma anche validi epigoni minori, che dal maestro veneziano hanno appreso, anche in maniera intuitiva, i rudimenti del genere.

Sarebbe tuttavia scontato occuparsi di questi minori, e, dunque, scartiamo dalla prevedibilità e vediamo come si confronta - con lo stesso genere - un grande del teatro italiano come l'acclamato Gabriele Lavia, qui regista e protagonista di un film il cui totem femmineo è rappresentato dall'allora moglie dell'amletico autore, la davvero bella, per non scendere nel volgare, Monica Guerritore.

Qui apro una parentesi, spero condivisa: secondo me la giovane Guerritore, oltre che brava, è stata davvero una delle donne più intriganti e sensuali del nostro cinema e teatro, piccola ed un po' sottovalutata icona dell'eros mediterraneo. Questo soprattutto quando teneva i capelli neri e lunghi - come nel tardo "La lupa" ('9*), un po' meno quanto li aveva corti e chiari come qui, ma accontentiamoci.

Venendo al sodo, "Scandalosa Gilda" ('85) è un'autentica schifezza, indifendibile se non per qualche scena di nudo della nostra Monica: la storia appare di suo scarsamente credibile anche per gli standards del cinema erotico, narrando della progressiva rovina di un fumettaro (Lavia), innamorato perso della fedifraga Gilda (Guerritore). Eros e Thanatos vanno a braccetto come nella migliore tradizione classica, fino ad un finale drammatico - o ridicolo?

Il film mescola male frammenti di erotismo, tratti di road movie, e financo cartoni animati, prima ancora di Tarantino in "Kill Bill": la sequenza disegnata da tale Gibba, in cui si narra delle avventure erotiche di una Vagina (non scherzo) risulta quantomeno originale, anche se alquanto volgare e per certi aspetti gratuiti. La recitazione è pessima, gli stessi attori sembrano poco convinti di quel che fanno, se non nella parte relativa a qualche scena erotica.

Insomma, un film orribile anche per il Vostro Il_Paolo, il quale tuttavia non viene a disturbarvi su Debaser solo per dirvi che quest'opera è praticamente da buttare, cosa che i più acuti avranno capito fin dal titolo.

No, ovviamente il discorso deve essere più ampio. Qualche anno fa, prima dello split della coppia, vidi Lavia e Guerritore a teatro, in una piuttosto aspra versione di una qualche tragedia scespiriana di cui non ricordo esattamente il nome, durata circa tre ore e mezza. Bravissimi, in grado di trasmettere contemporaneamente arte e cultura e di elevare, a sommesso avviso del Vostro recensore ed occasionale spettatore teatrale di fiducia, il non sempre alto livello delle rappresentazioni teatrali in Italia.

Ora, escludendo che Lavia approfittasse del film per godere delle grazie della moglie (capisco Brass che è un po' lumacone, ma non lui), ed escluso parimenti che nell'artista torinese vi fosse il gusto di portare in scena alcuni lubrichi desideri privati, debbo concludere che questo filmaccio fu girato per malriposte esigenze di cassetta, ovvero per sfruttare, sulla scia de "La chiave" di brassiana memoria ('83), il filone del softcore all'amatriciana. Per non essere troppo scontati e volgari, Lavia e Guerritore aggiunsero qualche tono da tragedia incombente e qualche sperimentalismo cartoonistico che somiglia non poco alla foglia di fico di adamitica memoria, dicendo tutto sulla genesi del film.

Ebbene, recuperare questo film, e vederlo in maniera disincantata - dando uno sguardo in tralice ai nudi integrali della bella Monica - vuol dire tutto sommato capire cosa costi far cultura in Italia, ed anche far teatro: occorre abbassarsi un poco alle esigenze di cassetta ed al pubblico che non sa nemmeno chi fosse il Bardo. Così è la vita, mentre mi chiedo cosa sarebbe successo se alle medesime conclusioni non fosse arrivato Lavia, ma Paola Borboni.

Teatralmente Vostro

 

Il_Paolo

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