Dalle paludi del Blues, Honkeyfinger.

La ricetta sembra essere di quelle succulente, taglio antiartistoide e sregolatezza primigenia. Come dire, dal delta del fiume al Crack. La tradizione viene implicitamente tramutata in reazione, ed è in questo tacito mutamento spazio temporale che si snodano le vicende narrate dalla one man band inglese.

C'è il self made man che costruisce armoniche colorate ed al contempo aride, e c'è l'uomo che viene dopo la realizzazione di se stesso che le corrode. Honkeyfinger è giusto a metà tra Scott H. Biram e Butthole Surfers, in quel limbo di perdizione e astrazione sghemba.

Una manciata di brani, invero qualcuno in meno avrebbe giovato alla valutazione finale dell'opera, per descrivere la torrida alienazione dal Moloch del nuovo millennio. Tutto ciò senza retorica alcuna, solo slide guitar, cassa e armonica.

In fin dei conti, tutti siamo tornati più di una volta a dissetarci su quelle rive.

La retorica del "non ci sono più … di una volta".

Elenco tracce e video

01   HonknSkronkn (01:23)

02   Got This Rage (03:17)

03   Margarine Man (03:07)

04   Jitterbone Boogie (00:41)

05   Trouble (03:56)

06   Parchman Farm (02:20)

07   Cobra (01:02)

08   True Believers (04:12)

09   Farmer George (03:55)

10   Fine Thing (05:11)

11   Margarine Man, Part 2 (03:25)

12   Burning Skull Blues (02:45)

13   Boss Honk (00:53)

14   Running on Empty (04:21)

15   Subaquatic Homesick Blues (01:07)

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