Non so cosa darei per entrare nella mente di Ethan Miller, chitarrista e cantante degli epigoni dell'hard- psycho noise Comets on Fire. Forse deve essersi sentito come un Picasso spernacchiato per quei dipinti con l'orecchio al posto del naso, deriso alla stregua un pittore senza il senso delle proporzioni e dell'armonia, cosicché rottosi i coglioni ha messo su un quadro come Raffaello comanda, proprio per far vedere che queste cose "semplici" le sa fare ad occhi chiusi.

Ebbene Ethan per una volta ha deposto il furore iconoclasta e l'indigestione rumorista delle comete incediate e, con l'aiuto della batteria di John Moloney dei Sunburn Hand of the Man e dell'operaio metalmeccanico Ian Gradek al basso, fa sentire a chicchessia come si suonano i "classici".

Fossimo nel 1971 quest'album passerebbe il bancone del dischivendolo una caterva di volte il giorno, perché con una botta sola ti porti a casa   Allmann Brothers Band, Blue Cheer, Crazy Horses, Creedence, Faces, Free, Grateful Dead, Humble Pie, Lynyrd Skynyrd,  ... e così via fino alla lettera Zeta.

Non ci credete? Mettete su "Death prayer in heaven's orchard" e il sogno si avvera: la voce graffiante di Ellioth è rabbiosa come quella di Fogerty che per una volta nella vita è diventato il cantante dei Grateful Dead che accompagna le liquide sei corde di mastro Jerry.

"Calling lighting with a scythe" inizia come una "dolce" ballata corale con banjo e mandolino manco fosse uscita da uno dei grandi dischi di Rod Stewart dei primi anni '70 (riscopriteli perbacco!!!) per poi trasformarsi in un maelstrom chitarristico dal furore indescrivibile (unica concessione del disco alle istanze rumoriste del titolare del progetto) che si placa solo per lasciare la chiusura di nuovo ai mandolini!

E "Roll on the rusted days"? E' il pezzo che mancava dal miglior disco degli Spirit con il fuzz della chitarra di Randy California, i cori fanno doo doo daaa e siamo tutti felici & contenti di avere trent'anni in meno mentre il sax stramazza al suolo trascinandosi il rullante e qualche piatto della batteria! "The Hanging Heart" parte direttamente con il fuzz della chitarra ancora bollente  per il brano precedente fino a sublimarsi  in una jam tra i Faces di Steve Marriot e i Black Crowes.

"In  Sand and Dirt" è psichedelicamente disturbata come una viaggio  fino alla cima dei capelli e ce ne vuole per raggiungerla.

Con  "The firing of the midnight rain" mi lascio cullare dalla ballata che sta  a mezzo tra  gli ormoni scatenati degli scolari del professor Skynyrd e le mollezze del Frampton degli Humble Pie.

Madonna, dopo otto pezzi è già finito? Give me more!

Che dite? Troppo bello per essere vero? Troppe citazioni  per risultare anche credibili? Ecchissenefrega! A volte per essere felici bastano un po' d'incoscienza e venti euro...

Cinque stelle, senza rimorso alcuno.

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