Erano un bel po' d'anni che non vedevo un concerto da quest'altra parte del palco. Per l'esattezza erano nove. Dal novembre di quel 1999 che vide il tramonto del mio vecchio e amato gruppo.
Poi nella vita subentrano fattori totalizzanti e distraenti, a volte piacevoli, come i figli, scrivere, cene e cenasse varie, a volte meno piacevoli ma necessari, come il lavoro.
Fatto sta che il tempo per la musica da cantina o garage con gli amici, una o due volte la settimana, lo si è sempre trovato, in questi nove anni, ma per il palco mai.
Troppo stress, ci dicevamo, troppe angosce, troppa necessità di provare i pezzi per bene, stando attenti a non sbagliare, o a sbagliare il meno possibile. Poi il sound check, il muoversi presto di pomeriggio, il non pensare ad altro per molti giorni prima, i cavi che non vanno, le luci che non s'accendono, il mixerista che fa i suoni come li vuole lui e non come li vorresti tu, l'elettricità che non sai mai se basterà, e via così lamentandosi...
Poi, due anni fa, l'idea. L'idea comune che riunisce ed accomuna i sette che oggi fanno parte degli Hungry Hearts: un tributo, o, meglio, un omaggio a Bruce Springsteen.
Unico terreno di coltura musicale sul quale tutti camminiamo volentieri, seminiamo e cacciamo. Uno penderebbe troppo verso il metal, l'altro sente cantautori, David Bowie ed altro, il batterista vive nel culto dei settanta, e lo splendido sax del Batta suona il liscio, e tutto il resto all'occorrenza.
Io, per parte mia, sono millenni che sento i pochi cantautori che ancora mi piacciono, ma soprattutto riempio le mie giornate di jazz e di blues, anche come sottofondo d'ufficio... bassissimo quando ci sono i clienti, ovvio...
Ma il Boss, Lui, piace davvero a tutti. A chi ama il rock, a chi il blues, a chi il cantautorame, a chi ama leggere ed a chi ama ricordare quel periodo musicalmente irripetibile che passa dai settanta ai primi ottanta. E allora l'idea di un omaggio (non un tributo imitativo, dio ci salvi dal patetismo provinciale del far finta d'essere altri...) al Boss migliore, da "Born To Run" a "Born In Tha USA".
E giù a provare, finché balena naturale, contemporaneamente nella testa di tutti, l'idea di suonare in giro. Di tornare a suonare in giro. E il 19 settembre ci si è re-incazzati stupendamente nel sound check, si è stati attenti a non sprecare voce ed energie, si è pensato a quello compulsivamente per almeno tutta la settimana prima, e si è infine risaliti sul palco.
Questa volta c'erano i fumi (mai suonato coi fumi...) e una marea di telefonini che filmavano e fotografavano. Tanti amici aspettavano che tornassimo sul palco, tanti erano attratti evidentemente da un concerto con le musiche del Boss, e fatto sta che c'era un bel pienone che ci ha fatto sentire giovani, belli, sani e chi più ne ha più ne metta.
Quando smettemmo non c'erano tutte 'ste diavolerie elettroniche, ed era impensabile che, oltre ad una bella registrazione, si potessero avere filmatini "pirata" sul Tubo e foto che ti arrivano sul cellulare... tutto esaltante, a suo modo.
Il difficile è tornare nell'ufficio, alle udienze, o sul pullman oppure dietro la scrivania, a far conti e dar pareri. Il difficile, con un sogno giovane che abbiam sempre saputo d'avere ancora dentro, è tornare alla vita normale.
Ma la cosa più bella, davvero, è aver capito che si vive una volta sola, fino a prova contraria. E che ne vale la pena.
Che noi avevamo ancora bisogno del palco e che sul palco, per fortuna, c'era ancora spazio per noi.
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