Dove va la musica di Tuva?

Alla scoperta di strumenti abbandonati? Verso l’appropriazione di elementi russi, presenti ormai da così tanto tempo da aver titolo di entrare nella tradizione? Al recupero di modismi arcaici nascosti nelle pieghe delle montagne mongole? Alla conquista di una vetrina di livello internazionale?

Non si arriva mai tanto lontano come quando non si sa più dove si va, affermava Goethe. “If I’d been born an eagle” è la terza offerta del poco conosciuto eppure abbordabilissimo quartetto Huun-Huur-Tu. Musica aliena ma che risveglia echi lontani che, pensa che ti ripensa cercando di identificare, forse avrai sentito tremila anni fa quando, a cavallo, migravi col tuo villaggio barbaro verso il selvaggio Far West (dell’Europa). Misteri di voci bulgare? Steppe dell’Asia centrale? Il mio ospite peruviano s’era messo lui pure a canticchiare la melodia: che vi sentisse inflessioni andine?
Il fatto è che questa musica comunica. Comunica con chiunque.

Comunica perché è amichevole, compagnona, piena di espressione e priva di pretensioni. A chi non piace la vastità in un paesaggio, il ritmo in un cavallo, i fagioli in una minestra, la nostalgia nel testo di una canzone? Queste sono le canzoni che la radio di Tuva trasmette ogni giorno e che tutti, giovani e vecchi, conoscono. Queste canzoni, bellezze rustiche, a noi che non sappiamo più chi siamo, a chi apparteniamo e dove andiamo, forniscono le coordinate di volti e di luoghi, proponendo un senso del clan e del territorio che ci aiuta a ritrovare la direzione.

Una direzione per andare lontano, a Tuva e oltre.

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