Per ragioni personali che non interesseranno il lettore, mi trovo talvolta a passeggiare per le strade del centro di Verona, scoprendone la bellezza ad ogni digressione lungo piazza Bra, via Mazzini, piazza Erbe, Piazza Dante e Ponte Pietra. Rispetto ad altre pur belle città limitrofe (Vicenza, ad esempio, non è da meno, Padova più forse un po' squallida, Bisius mi perdoni...) Verona ha la caratteristica di essere piacevole anche nelle giornate nebbiose di metà novembre, in cui la pioggia bagna il profilo aquilino dell'Alighieri e gonfia il corso placido dell'Adige.

Nelle mie passeggiate per il centro scaligero mi accompagna, come un moto dell'anima, la musica dei grandi Gatti di Vicolo Miracoli, compagine cabarettistica e musicale cresciuta nel locale liceo classico Maffei, composta da un manipolo di giovani che avrebbero fatto strada nel mondo spettacolo, non senza derivazioni pop trash di cui, ancor oggi, si scorgono le ricadute: alludo a Umberto Smaila (voce, tastiere), Franco Oppini (basso), Nini Salerno (chitarra) e Jerry Calà (voce, drums).
Due, in particolare, i brani che mi preme recensire, sotto l'artificiosa dizione di "singolo", posto che si tratta di pezzi mai usciti nello stesso vinile ed oggi difficilmente reperibili, se non riarrangiati in alcuni album solisti di Smaila e Calà.

Il primo brano "Capito?!" (1979) fu sigla di un'edizione della Domenica In di fine anni '70, di cui ricordo ancora un video con uno splendido Calà vestito da poppante. Si tratta di un dinamico pop/cabarettistico con andature corali, in cui i Nostri elencano tutti i loro desideri e sogni... come aver un divano sommergibile, scaldare Ornella Muti sotto un plaid, andare in testa all'Hit Parade, fare un bagno nella vasca dove sguazza Raquel Welch e via discorrendo.... Fino all'esplosione del liberatorio e demenziale Capitooooooo?!? di Calà. Splendidi i contrappunti corali nella parte finale del brano, in cui i quattro Gatti (è il caso di dirlo) sembrano esortare il loro pubblico a seguirli nella loro vena di follia. L'umore e la tensione sono quelli dei migliori Cochi e Renato, condividendo con il grande duo lombardo quei toni surreali e quell'ironia sostanzialmente fine a sé stessa che tanto caratterizzava la comicità settentrionale dell'epoca (in contrapposizione all'eleganza e finezza tutta napoletana della Smorfia di Troisi, all'efficacia sociologica ed al disincanto romano di un Verdone, alla corrività ed iconoclastia del primo Benigni).

Un autentico capolavoro di testi e musica è, invece, "Verona Beat", colonna sonora del film, in parte autobiografico, "Arrivano i Gatti" (1980), poi sigla di una trasmissione condotta da Smaila nella seconda metà degli anni '80 con una simpatica e fascinosa Fabrizia Carminati. Qui non si scherza affatto: i Gatti tessono l'elegia della Verona [meglio, della provincia] che fu, in una dimensione trascendente che richiama, in maniera nostalgica, gli anni '60, o l'eterna adolescenza, di tutti noi: fra riferimenti all'Equipe '84, e cantautori affamati di libertà, fughe inutili per vedere la propria amata, tute da ginnastica blu, scioperi per la fame nel Bangladesh destinati a concludersi per mancata partecipazione dei manifestanti, corse con l'automobile di papà.... Il brano lascia in bocca un sapore amaro di tempo che passa, di gioventù destinata a non tornare.... e subito ci si accorge che dietro la maschera di clown i quattro hanno cuore e spirito da vendere, oltre che un certa cultura, musicale e no.

Smaila e soci descrivono mirabilmente la medietas dei più ed, in quei tardi anni '70, già si fanno portatori di quel riflusso che, almeno in Italia, avrebbe azzerato sogni e desideri collettivi a favore di un individualismo à la Milano da bere... da cui sarebbero discesi gli ultimi venticinque anni di storia patria. Profetici.

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