Vi siete mai chiesti cosa succederebbe se si togliessero al buon vecchio Burzum tutte le parti incazzate? Vi siete mai chiesti da dove arriva il Depressive Black Metal? La risposta alla seconda domanda è di sicuro "Si" e i nomi che vi saranno venuti in mente sono Abyssic Hate, Burzum, Xasthur, Leviathan. "Epperò la risposta è sbaiiata!" dicevo Corrado Guzzanti nelle vesti di Quelo.

Indubbiamente, Sir Vikerness ha giocato un ruolo importante nel creare le fondamenta di questo genere (da "Det Som Engang Var" a "Filosofem") ma ciò non basta per definirlo il padre fondatore: non solo la sua musica non è catalogabile come Depressive, ma la sua fama smisurata ha sempre posto in ombra i valdissimi connazionali Forgotten Woods e un tizio che, oltreoceano, dava alle stampe nel 1996 forse il primo album veramente Depressive. Il tizio è S. Holliman, mente del progetto I Shalt Become e il cd è "Wanderings". La modaiola comunità dei Black Metaller (così come qualsiasi altra comunità appartenente al genere Homo) spende le proprie giornate ascoltando le creazioni di Xasthur e Leviathan, acclamandoli come i maggiori esponenti del movimento Black a stelle e strisce, tralasciando album come quello in questione e contribuendo di fatto ad obliare chi ha contribuito alla nascita di questi (diciamo le cose come stanno) epigoni. E' ovvio che chi, con più correttezza nei confronti dei fan, scelga di non dare alle stampe sedici Split e nove Demo ogni anno pur avendo in mente si e no tre riff buoni (ogni riferimento a Xasthur e Leviathan è puramente casuale), passerà inosservato agli occhi di un pubblico più incline a scegliere la quantità invece che la qualità; I Shalt Become, infatti, è autore solamente di due Full Lenght, quello di cui parlerò in questa sede e il più recentee "In The Fallino Snow".

Non starò qui a farvi il solito discorsetto sul Depressive Black, su quanto sia inflazionato, su quanto sia dubbia la sincerità degli artisti e su quanto ci vogliano i contro coglioni per suonarlo bene; e non soprassiedo per evitare di dire banalità, semplicemente perché non ce n'è alcun bisogno. "Wanderings" non contiene messaggi ambigui né pacchiani e non ha nessuna pretesa di essere un lavoro depressivo; "Wanderings" E' depressivo pur trattandosi semplicemente di un introspezione per nulla pagliaccesca. Vi prego di considerare anche l'anno di uscita di questo lavoro per capire la portata storico musicale e per apprezzare appieno le straordinarie doti compositive di questo ragazzo.

La domanda con la quale ho aperto la recensione non era solamente un espediente letterario: la proposta di I Shalt Become potrebbe benissimo essere un mosaico dei riff Burzumiani più cupi e melanconici scevri però di quell'epos che tanto piace al norvegese. Non vorrei però che la parola "melanconico" vi fuorviasse e vi conducesse ad associarlo alle dolci, decadenti sviolinate di quei gruppi che incrociano Depressive Black e Doom. Questo è Black metal a tutti gli effetti, aspro, graffiante, per nulla romantico e spaventosamente egotista: non c'è spazio per strazianti ricordi e lamenti disperati, ma solo per una inquietante visione della realtà più che mai misantropica e piena di odio. Quell'odio privo di rimpianti, freddo e ragionato che solo certi lavori Black sanno esprimere.

Le canzoni che compongono quest'album sono di durata variabile ma raramente superiore ai cinque minuti, cosa che le discosta parecchio dai canoni del Depressive Black; in più, i Riff non sono ripetuti molte volte e variano di continuo, prova della grande creatività del nostro. Più che di riff sarebbe meglio parlare di arpeggi, conturbanti arpeggi che svelano un universo uggioso e inquietante in cui si vaga, sempre pienamente coscienti e sempre tormentati. Come nella splendida "The Funeral Rain", o in "Paintings In A Gallery" o ancora in "Insects", tracce che potrebbero benissimo fare da sottofondo musicale ad una mostra di Munch.

E' notevole come le tematiche trattate dai testi, tanto brevi da rendere le canzoni quasi esclusivamente strumentali, siano sentenze concernenti tematiche astratte, in grado di portare un sottile turbamento senza mai fare riferimento alla sofferenza. Il concept di "Wanderings" non è la sofferenza, ma l'angoscia e la sua espressione avviene in maniera semplice, senza dover ricorrere ad atmosfere ipnotiche e confuse.

Credo sia necessario fare un piccolo cenno alla produzione, gelida come si confà ad un vero disco Black ma non Low Fi come quelle di tanti, posteriori colleghi.

In conclusione, "Wanderings" è un disco che dovrebbero possedere tutti gli amanti del Black, minimale o depressivo che sia; un disco che ha anticipato i tempi di almeno cinque anni e che tutt'ora non riceve i giusti meriti ma che può essere definito solo con la parola capolavoro.

Ps: è uscita due anni fa una ristampa contenete due cover di Judas Iscariot e una di Burzum; data l'esigua discografia del nostro, potrebbe essere una buona occasione per ascoltare qualche pezzo in più.

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