Molto bene, mi accingo a recensire per la prima volta un concerto, e soprattutto lo farò di getto, ancora fresco fresco di emozioni e di incredulità per lo spettacolo di ieri sera.
Non dovevo manco esserci a quel concerto del mito Ian Paice e della band tributo italiana ai Deep Purple "Forever Deep", ma grazie al favore di qualcuno sono riuscito ad accaparrarmi uno degli ultimissimi biglietti.
Dopo una lunga e spasmodica attesa (ero anche parecchio in anticipo), vengono finalmente introdotti i membri del gruppo, e dopo gli applausi a scena aperta per l'ingresso della star della serata (e che star ragazzi), tutti ai propri posti per iniziare questo grande concerto.
Non ricordo bene l'ordine delle canzoni, ma una cosa è sicura: i Forever Deep hanno riproposto egregiamente la stessa tracklist del leggendario Made in Japan (anche se la track list non è stata riproposta nello stesso ordine), con le graditissime aggiunte di "Stormbringer", "Burn" e "Black Night".
Ricordo comunque molto bene le note che aprirono la serata: le leggere rullate di Paice che accompagnavano il tappeto sonoro costituito da un riff in palm muting ripetuto e ben supportato dal basso e dalle tastiere non potevano che preannunciare la splendida "Highway Star", ottimo inizio per caricare un pubblico già euforico per la presenza dell'unico membro sempre in carica della storica formazione inglese. Ed è già da questa canzone che si può notare lo straordinario talento dei vari musicisti presenti sul palco: la chitarra ha sì un suono incredibilmente simile al mitico Blackmore, ma chi la suona è un vero mago della sei corde, che riesce pure a improvvisare secondo lo stile del famoso chitarrista inglese, combinando una straordinaria tecnica con un estro micidiale; il bassista regge perfettamente la tensione suonando con energia e garantendo una base solida al ritmo del gruppo, ma la ciliegina sulla torta, a mia avviso, è il grandioso lavoro svolto dal tastierista, forgiando non solo atmosfere degne del celeberrimo quintetto inglese, ma anche melodie e assoli straordinari, sia come difficoltà d'esecuzione che come gusto. Manca solo il cantante, a mio avviso il meno ispirato del gruppo; la voce non gli manca, e lo dimostra in pezzi come "Child in Time" e "Burn", ma il suo timbro fortemente improntato ai toni alti ne risente ovviamente nei momenti di calma. Meno ispirato non significa comunque non degno di calcare il palco della serata: la sua performance in "Child in Time", dove chiunque l'avrebbe ovviamente aspettato al varco delle urla spaccatimpani, rimane straordinaria. E intanto Paice continua la sua strepitosa opera dietro le pelli, con le sue leggendarie rullate e i ritmi da influenze jazziste con ride e charleston.
La serata continua su questi binari... è la volta successivamente di pezzi come "Space Truckin'", "Lazy", "Strange Kind of Woman", "Burn", "Stormbringer" e ovviamente "The Mule", che lascia spazio ad un assolo da lasciare emozionato anche il più insensibile ascoltatore. Paice in questi 5 minuti sfoggia tutta la sua classe, la sua tecnica e il suo estro con rullate inumane (addirittura eseguite con un solo braccio), groove controtempo da far ingarbugliare gli arti e fill energici mozzafiato.
Chiudono la serata due grandi pezzi, proprio quelli che mi aspettavo dopo un concerto simile: la splendida "Black Night" e quel manifesto al rock di "Smoke on the Water", con un assolo leggermente più lungo ed una chiusura come sempre col botto. Ricordiamo inoltre l'ingresso del batterista dei Forever Deep, che si concede una sfida col Sommo e suonerà poi insieme a lui proprio le ultime due songs.
Cos'altro dire di uno spettacolo simile? Di sbagli ne ho sentiti pochissimi, e tralasciando il fatto che di questo mi importa assai poco, sapendo di suonare di fronte a più di 400 persone con il signor Ian Paice dietro le pelli è più che permesso. Voglio premiare questo gruppo con il voto massimo perchè è stata davvero un'ottima esibizione, e soprattutto, cosa incredibile a pensarci, Ian Paice non ha MAI provato alcuna canzone con loro prima del concerto.
An, concludo lasciando spazio ad una piccola, grande soddisfazione: grazie all'aiuto di una persona molto cara, sono riuscito ad ottenere un ricordo di questa serata ben più prezioso del volantino distribuito durante il concerto stesso... me ne sono tornato a casa con una foto insieme al leggendario batterista e con un suo autografo nel booklet del Made in Japan, proprio lì, nella sua cassa della Ludwig in foto...
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