Mi piange il cuore a stroncare un disco dell’Iguana, ma stavolta sento il dovere di farlo, questa recensione l’avevo sul gozzo da un po’.

Era il 1986 e Iggy stava passando uno dei suoi tanti periodi tormentati, sicuramente non riusciva a capire dove andare a parare. Come in tante altre occasioni, intervenne l’amico di sempre David Bowie a cercare di tirarlo fuori dalle secche di una situazione dove Iggy non ci si raccapezzava. Ecco così il tentativo di trasformare uno dei più istintivi animali da rock’ n’ roll in un qualsiasi cantante quasi confidenziale da charts. Sotto l’aspetto economico il tentativo riuscì perché Iggy Pop ebbe con questo album uno dei pochi veri successi di vendita della sua carriera.

Artisticamente però il disco è un disastro. Praticamente era come se Iggy Pop cercasse di imitare David Bowie che tentava di fare Iggy Pop. Insomma, un pasticcio dal quale l’unica canzone a salvarsi davvero è una travolgente cover di Jerry Lee Lewis, “Real wild child (I’ m the wild one)”, posta strategicamente all’inizio del disco. Le altre sono tutte composizioni a quattro mani tra i due, dove però è TROPPO marcata la mano del Duca Bianco per farlo sembrare un disco dell’Iguana. Errore oltremodo colossale, perché Iggy è sempre stato grande solo quando ha potuto essere nient’altro che sé stesso e non un clone (mal riuscito, tra l’altro) di qualcun altro.

Sì, qua e là si può anche, sforzandosi, sentire qualcosa che ricorda un po’ i furori del passato e quelli che, per fortuna, non tarderanno a tornare poi, ma qui l’interpretazione di Iggy è forzatissima e, oggettivamente, finisce per non farci una buona figura. In certi brani si sente addirittura una pesante elettronica (la title-track), in altri (“Isolation”, “Shades”) Iggy raggiunge addirittura una vocalità quasi kitsch, e da lui non è il massimo della vita. Man mano che l’ascolto del disco procede prende lo sconforto per una grossa occasione mancata, in effetti in altri casi l’aiuto di David Bowie si era rivelato assai salutare anche sotto il profilo artistico (vedasi “The Idiot” e “Lust For Life” ), ma stavolta non è assolutamente così.

Iggy Pop che cerca di trasformarsi in un tenero crooner quasi da giacca e cravatta è una cosa che mi fa rabbrividire al solo pensiero. E’ un controsenso assoluto e, per fortuna, dopo, non lo farà mai più. Senza offesa, Iggy.

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