Tipo Sin City, ma nella Napoli degli anni Settanta. Detto così sembra figo, e in effetti il potenziale è enorme. Ma non sono convinto che l'opera dietro alla cinepresa del fumettista Igort funzioni davvero. Sono tanti i motivi di interesse quanto quelli di scetticismo.

Alcune sequenze vivono proprio della visione fumettistica dell'opera originale (volume del 2002). Una stanza buia piena di cianfrusaglie e armi ben nascoste, il nasone e il cappello sotto il diluvio, l'auto tipo Fantozzi che si allontana da una casa sgarrupata della periferia, la resa dei conti sui tetti con l'enorme scritta CAMPARI sullo sfondo. Insomma, estetica su estetica, a volte anche deliziosa.

E pure gli attori sono nobili. Servillo non potrebbe chiedere una parte più agevole (forse troppo agevole), Buccirosso è impeccabile e anche la Golino sa dare intensità, è una tipa davvero cazzuta qui.

Però non so, c'è qualcosa che non mi va giù. È come un fastidio che provo nel vedere le sparatorie così allegramente dipanate, così estetizzate. Non mi piace, non se si parla di camorra. Sin City è un conto, Napoli un altro. E poi la trama è davvero scheletrica, non è minimamente importante (come ammesso dallo stesso Igort) però fumetto e cinema sono due mondi differenti e senza un costrutto solido grossa parte della vicenda risulta un po' gratuita.

Le immagini in sala scorrono via veloci, non ci si può soffermare a lungo, come su una tavola di un fumetto, e forse per questo il cinema esige più solidità. Ci sono comunque alcuni spunti finali (anch'essi poco preparati, un po' “regalati”) che non dispiacciono, ma è altra carne cruda sul piatto.

Pure la visione della Napoli anni Settanta non impressiona. A parte le moke di caffè, qualche scenografia fresca (l'angolo dell'indovino Mister Ics è davvero bello) e un paio di massime efficaci (nel dialetto impeccabile di Servillo restano impresse: “Un uomo si vede da come uccide”), dicevo a parte questi spunti la narrazione ambientale risulta quasi assente. Sono tante le scene in interni, dialoghi a due, flash back per spiegare alcuni dettagli. Non c'è un racconto corale, come veniva fatto in modo eccellente ad esempio nel recente La paranza dei bambini.

Insomma, l'Italia ha sicuramente bisogno di tanto “genere” al cinema, questo è un tentativo coraggioso, ma mi risulta impossibile definirlo “riuscito”. Sono sicuro che non mancheranno altri tentativi, perché il pozzo da cui pescare (tra camorra, mafia, eccetera) è troppo profondo e dubito che il taglio anti-epico (forse pure anti-estetico, a pensarci) de Il traditore di Bellocchio possa avere degli imitatori.

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