Quanta allegria riesce a mettermi addosso questo gruppo.

E dire che questo è un mondo di merda. Un mondo, creato dai potenti, nel quale c'è veramente poco (o niente) da sorridere. Dai una volta l'amministrazione Bush. Dai un'altra volta le tensioni fra il Papa e la Turchia. Dai ancora i test nucleari della Corea Del Nord. E, giusto per fare pendant, un bell'effetto serra che ci sta progressivamente cuocendo tutti. La cosa istintiva che una persona sana farebbe, è prendersi un bel fucile ed impallinarsi la gola a dovere. Eppure, c'è ancora chi ha voglia di sorridere e, ciò che è più importante, ciò che fa la differenza, ciò che scolla in un secondo lo stereotipo di persona egoista, far sorridere.

L'animo dei bambini dell'asilo è pulito, limpido e incorruttibile. Sarà perchè sono piccolini, sarà perchè ancora non conoscono le insidie di questo (vecchio?) bel mondo, la cosa certa è che, in ogni momento della giornata, hanno un sorrisone stampato sulla faccina. Cosa che spesso e volentieri gli adulti non hanno nè tempo, nè voglia di fare. Eppure, quanto sarebbe bello fermarsi un attimo, distrarsi dai ritmi frenetici della nostra vita, chiudere gli occhi e fermarsi a pensare. Pensare se si sta vivendo la vita in modo giusto. Pensare se veramente vogliamo viverla in un modo giusto. E dopo, agire di conseguenza. Sarebbe un mondo migliore per tutti ma, purtroppo, non c'è tempo per queste piccole e futili cose, al limite dell'insopportabile, noiose e prolisse. Ma ci sono le eccezioni. C'è chi, guardandosi indietro, ha deciso di mandare affanculo i pessimismi della vita. Ha deciso di mandare affanculo gli stili di vita attuati fino a quel momento, rigidi e antiquati. E, invece di raparsi i capelli a zero, oppure farseli crescere in modo inverosimile ed imbracciare una bella chitarrona tagliata a V per far soccombere a suon di assoli i timpani delle persone, ha deciso di fermarsi. Sospendere le lancette del tempo. E farle ritornare indietro di dieci, quindici, vent'anni. Per portare allegria e voglia di vivere.

Ultimamente, sembra veramente che per alcune persone il tempo si sia fermato. Prima sono venuti gli Architecture In Helsinki, un gruppo formato da ben otto persone che utilizza una gran quantità di strumenti per produrre rumorini e rumoracci vari in mezzo ad un oceano di spensieratezza. E che, nonostante il nome, non viene dalla fredda Finlandia, ma dalla calda Melbourne, in Australia. Adesso è venuto il turno di questa gente qui. I'm From Barcelona. Io provengo da Barcellona. Ancora una volta il nome è illusorio: Barcellona probabilmente questi ragazzi l'hanno vista in cartolina, al massimo ci saranno stati in vacanza, poichè la loro patria è la Svezia (sono tutti di Goteborg). Ma che strano, il calore sembra proprio quello di Barcellona. E, che strano, questi non seguono le tracce degli Architecture In Helsinki. Per che cosa? Beh, per due punti: il primo è l'aspetto musicale, decisamente più allegro di quello dell'ottetto australiano. Il secondo? Hmpf. Mi verrebbe da sorridere già adesso, perchè probabilmente non ci crederete (o non vorrete crederci), ma questo non è un gruppo qualsiasi. Sfora da qualsiasi archetipo di gruppo voi abbiate in mente. Perchè, signori e signore, questo non è propriamente un gruppo, ma un collettivo. Un collettivo di trenta persone. Trenta persone che cantano. Trenta persone, ognuna che imbraccia uno strumento diverso dal compagno. Trenta persone, coadiuvate dal baffuto Emanuel Lundgren, che hanno un solo scopo nella vita: trasmettere allegria.

Suonerà un po' logorante forse, visto che l'ho ripetuto non so quante volte, però non riesco a trovare un sostantivo più adatto per sintetizzare questo collettivo. Un sostantivo che è semplice e stratificato al suo stesso tempo. E dire che tutto era cominciato per caso, come succede di solito nella stragrande maggioranza dei casi, come succede di solito per le grandi band. Tutto ha inizio nell'estate del 2005, quando il buon Lundgren, scritte un paio di canzoni, decide di mettere in piedi un complesso per suonarle dal vivo a qualche festa. Ma l'idea, evidentemente, piace molto di più che a un paio di persone. Aggiungi una, togli l'altra, poi rimettila, dai, facciamola partecipare. Alla fine ventinove persone, escluso Lundgren, partecipano a questo improbabile progetto. C'è chi suona la chitarra, chi la fisarmonica, chi il kazoo, chi il flauto, chi il banjo, chi la tastiera, chi la tromba, chi la batteria. In teoria, questa grande famiglia dovrebbe sciogliersi dopo qualche apparizione. C'è però chi non la pensa così, gli I'm From Barcelona ottengono un grande successo di pubblico, tanto che Lundgren crea un sito personale da dove, in una settimana scarsa, più di ventimila persone scaricano i loro pezzi. Da qui ad incidere un album (fatta eccezione per un EP chiamato "Don't Give Up On Your Dreams, Buddy!" a metà strada) il passo è veramente breve.

Certe volte le parole vengono a mancare. Cosa dire di questo esordio? E' un disco intricato, pieno di capovolgimenti, difficile da assimilare al primo ascolto? Assolutamente no, semmai è tutto il suo contrario. Ma nella sua estrema semplicità, nella sua estrema freschezza (sembra quasi inciso dal Piccolo Coro Mariele Ventre certe volte!) conquista come nessun altro. E ti stampa un sorrisone in faccia che dire smisurato è poco. Il collettivo ha alla base di tutto un suono ispirato agli anni '60. Poi vengono inseriti sprazzi di folk e country, come testimonia la deliziosa "Chicken Pox" (P. S. varicella in italiano : -D), dove l'intro di chitarra viene mescolata con piccoli coretti, fischiettìi e quant'altro possa rimandare alla campagna. Oppure vengono ribadite, per mezzo di tastiere soffuse e chitarre che più gioiose di così non si può, le false origini del gruppo (il singolo ufficiale "We're From Barcelona"), un vero e proprio inno all'allegria che vede più volte partecipi tutti i membri del gruppo in un cantato spensierato (e l'ascoltatore, già rapito ed inebetito, che canticchia beato "na-na-na-na-na-na-na"). Se lo desiderate, i ragazzi vi piazzano una potenziale hit, nella quale cantano ancora una volta tutto il loro amore per Barcellona ("Barcelona Loves You") a ritmo di banda (azione combinata di batteria, chitarra, percussioni e banjo) e con coretti in stile Zecchino d'Oro in sottofondo, quasi a voler sottolineare la perfetta unione fra di loro e con gli ascoltatori. Se proprio ne sentite la mancanza, gli I'm From Barcelona mettono una canzone a metà fra atmosfere orientaleggianti, campanelli, tastiere e coretti, di quelle che si cantano dopo un'escursione in montagna oppure di notte, in spiaggia, attorno al falò, tutti assieme ("Treehouse"), con un ritornello contagioso quale "I have built a treehouse!". Non mancano certo anche i colpi sporadici di genio, che alternano queste piccole gioiose canzoncine a momenti già più maturi, come quando in "Ola Kala" sembra vogliano esplorare territori vagamente punk, indurendo un po' i sottofondi di chitarra, oppure quando in "Collection Of Stamps" ci sparano un'intro veramente eccezionale, con una miscellanea fra batteria, kazoo e tromba.

Molte persone hanno etichettato questi ragazzi come "poco seri", "meteore", qualcuno li ha addirittura definiti "sfaticati". Sì, sì, lasciateli parlare, quei noiosi critici, che tutto sanno e tutto possono, e che non sanno cogliere la bellezza di un fiore che sboccia in primavera, o il canto dei passerotti sugli alberi, e che appartengono alle persone che non sanno viaggiare a ritroso nel tempo e tuffarsi in un mondo fantastico e pieno di magie. Etichettare, etichettare ed etichettare, tutto il mondo in un'etichetta, e poi nemmeno ti accorgi di quanto sei ridotto male. Questi svedesi, a mio parere, faranno strada: hanno già dimostrato in quest'album di saper essere filosofi nel poco, di far divertire con melodie essenziali, di invitare il mondo a fregarsene delle negatività, di lasciare a piedi coloro che aspirano all'annichilimento del globo. Non puntano sul look: sia i ragazzi che le ragazze, presenti all'interno del collettivo, hanno gli occhiali (piuttosto spessi anche), sono bruttini, hanno i denti storti, ma sono pieni di ironia e allegria.

Perciò: volete davvero continuare a cercare le raffinatezze, le rarità, quando potete contare su un prodotto semplice semplice e allo stesso tempo di altissima qualità? Pensateci: io consiglio vivamente l'acquisto di questo album, l'ho trovato un vero e proprio raggio di sole che buca i nuvoloni carichi di tempesta. E, se volete una dritta in più, questo è quello che dicono di loro gli I'm From Barcelona:

"...siamo gli I'm From Barcelona/ l'amore è un sentimento che non capiamo/ ma ve lo daremo volentieri tutto"

Alla prossima. Requiem.

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