Dopo essermi avvicinato con aria piuttosto scettica agli Imagine Dragons e dopo aver più o meno goduto della buona varietà stilistica offerta da “Night Visions” non ho rinunciato ad ascoltare anche questo secondo lavoro, “Smoke + Mirrors”. Diciamo che l’ho fatto con una buona dose di fiducia e anche di speranza.

Il disco conferma tutte le caratteristiche che avevano fatto la fortuna del primo lavoro: siamo sempre su territori vagamente riconducibili all’indie-rock e al pop-rock con un sound molto catchy e di facile presa ma anche qui la band non si fa problemi a inserire elementi di elettronica, folk, soul e world music (con il solito massiccio uso di percussioni al limite del tribale), offrendo così una certa varietà di soluzioni che rendono ogni brano un discorso a sé. Tuttavia alcuni difetti che caratterizzavano il precedente album permangono; anche qui alcune scelte di produzione troppo ruffiane fanno scendere di qualche punto la qualità del disco, rendendo il sound a volte un po’ piatto e tendendo ad oscurare alcune idee che meriterebbero di essere messe in risalto, ma comunque un lieve miglioramento c’è. Rimane comunque nella mia testa l’opinione che questa band farebbe emergere meglio il proprio talento creativo se si concentrasse più pienamente sulla gestione delle idee e meno sulla redditività e l’appetibilità alle classifiche.

Difetti a parte comunque ci aspettano 13 brani e 50 minuti molto variegati a livello di influenze e che non escludono sorprese. Contaminazioni synth-pop dal sapore anni ’80 caratterizzano le strofe di “Shots” mentre un’elettronica oscura ed inquieta di matrice trip-hop fa da padrona in “Polaroid” e “Hopeless Opus”. Percussioni tribali si mischiano bene con l’elettronica in “Gold”; atmosfere molto africane anche nell’accattivante “I Bet My Life”. “I’m So Sorry” è invece un perfetto crocevia fra vintage e modernità, sonorità rock di matrice anni ‘70 si mischiano alla perfezione con effetti elettronici prossimi alla dubstep, un esempio di rock elettronico che potrebbe vagamente ricordare i Kasabian. Ritmiche e suoni particolari caratterizzano “Summer” ma il brano che più mi ha fatto sobbalzare dalla sedia è sicuramente “Friction”, dove si sfiora addirittura il metal: pesanti riff di chitarra si mischiano con suoni ed atmosfere dal sapore quasi mediorientale; diciamo che potremmo classificare il brano come industrial metal, in particolare la coda finale, dove le chitarre suonano più che mai taglienti, sembra davvero presa in prestito dai Rammstein.

Ma oltre alle contaminazioni di generi non dimentichiamo che l’album dà molto spazio anche alla melodia; ne sono un chiaro esempio brani come “Smoke and Mirrors”, “It Comes Back to You”, “The Fall”, la semiacustica “Trouble” e la pianistica “Dream” (che richiama alcune sonorità particolarmente delicate dei Coldplay). Un lato melodico che ben bilancia quello più spregiudicato, allegro e creativo creandone una perfetta controparte e dando anche l’idea di una band piuttosto matura.

Nel complesso possiamo dire che gli Imagine Dragons abbiano abbastanza centrato l’obiettivo e si propongono come una delle promesse del futuro. Possono sempre migliorare ancora e di strada da fare ne hanno ma a meno che non si perdano nelle ambizioni di successo o in altri potenziali ostacoli i presupposti per una carriera dignitosa ci sono tutti.

Carico i commenti... con calma