Trovo assurdo che non ci sia neanche una recensione decente di questo lavoro in rete tra le varie webzine del settore. Piuttosto si preferisce dare spazio a cagate quali non vale neanche la pena nominare.. o sì! Su questo stesso sito ho letto valanghe di recensioni dei Deicide (non me ne vogliate, capisco che i gusti sono gusti!), band diventata caricatura di sé stessa e di un segmento stantio del death metal (sia chiaro che ho grande considerazione di masterpiece come "Legion" e "Deicide"). Mi piacerebbe dilungarmi ed esporre altre mie considerazioni in merito, ma non è lo spazio né il momento adatti... è tempo di occuparsi dell'album in questione!

"Failures For Gods" (1999) è la terza fatica (nel vero senso della parola si tiene conto dei problemi di label dopo l'esordio del '91 "Dawn Of Possession", in un certo senso vale il discorso fatto in apertura) dei newyorchesi e si presenta con due novità importanti per la maturazione e il suono della band. La prima è Paul Orofino il quale curerà da qui in avanti, fino al recente "Shadows In The Light", ogni produzione degli Immolation, contribuendo a forgiare un suono inimitabile, mai piatto e di plastica. L'ottima produzione è complice del sound apocalittico, affossato, oscuro, ma "vivo" (ascoltate i suoni di batteria per farvi un'idea) e mai caotico in quanto ogni strumento è ben definito (solo il basso è apparentemente coperto dalle frequenze delle chitarre e della voce, ma una volta assimilato lo stile Immolation questa pecca si ridimensiona, comunque coi seguenti lavori il problema verrà meno). La seconda novità è l'ingresso in formazione del talentuoso Alex Hernandez (ex Fallen Christ), uno dei migliori drummer nel metal estremo, capace di passare da blast beats devastanti a pattern ritmici dispari anche molto complessi, inoltre mostrando un approccio al drumkit completo e originale, soprattutto per quanto riguarda il lavoro sui tom.

I brani sono 8 perle di brutal death (in 40 minuti circa, credetemi non c'è un calo di tensione nè un riempitivo), più articolate che in passato ma più scorrevoli (il bagaglio tecnico esecutivo/compositivo già ampio è cresciuto notevolmente), ogni riff, ogni passaggio è al posto giusto. Premendo Play si viene risucchiati in un vortice infernale, dove non è la brutalità che la fa da padrone ma l'assalto sonoro nevrotico e dissonante delle chitarre dei bravissimi Robert Vigna (mai troppo apprezzato) e Thomas Wilkinson, a tratti frenetico, scomposto, a tratti lento e morboso.Sono sempre ottimi anche gli assoli di Vigna, mai fine a se stessi (lontani dai tutto 'fischi e rumore' senza senso, per intendersi) riprendendo quel mood 'melodico' (naturalmente non siamo in Svezia!) dissonante dei brevi lead a supporto dei riff. E poi c'è Ross Dolan... che dire! La sua voce è quanto di meglio si possa ascoltare (il growl di molti singer odierni è diventato ormai solo una smorfia, una fredda attitudine), potente, profondissima, ciò nonostante comprensibile, e soprattutto sofferta, carica di rabbia e passione. Buone anche le ritmiche di basso anche se un pò coperto come dicevo, dovuto ai suoni ma soprattutto al ruolo di 'collante' tra il drumming forsennato e le ritmiche di chitarra (un consiglio è di vedere la professionalità e l'alta fedeltà ai dischi di Dolan e della band in sede live, per apprezzare in pieno il valore degli Immolation, e sentirne il forte impatto emotivo). Parlavo di rabbia e passione prima, per comprendere cosa intendo è importante menzionare i testi. Le tematiche fortemente antireligiose (in particolare anticristiane) sono affrontate in modo intelligente, da un punto di vista ateo (è qui contenuta a proposito proprio il capolavoro "No Jesus, No Beast"), c'è sofferenza, l'inferno (quello psichico), la crisi di fede, la disillusione ("...No Light... No Love... No Glory... No Heaven..."), in breve i testi non sono un semplice riempitivo ma vanno a completare egregiamente il quadro sonoro dell'album.

In conclusione una nota di merito va ad Andreas Marshall che firma uno dei suoi artwork più affascinanti e visionari (la seconda parte della cover è all'interno, una sorta di effetto sorpresa!); anche all'interno ogni testo è accompagnato da un disegno (icona) sempre molto interessante e artisticamente valido. Per finire, se non si era capito l'album è un capolavoro e brilla di luce propria (basta con i soliti riferimenti ai Morbid Angel, "Failures For Gods" ha ben poco a che vedere con i lavori della band di Azagthot, soprattutto per la scarsa qualità del post "Domination"), e invito i lettori amanti del genere a supportare una delle realtà più ingiustamente sottovalutate!

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