"Samadhi State" è un dialogo col vuoto interiore, un soliloquio di echi inconsci, uno stato di ipnosi estatica e di trance catatonica.

"Samadhi State" prende la forma di chi lo vive; si dissolve nell'ascolto ma si cicatrizza nell'animo come una ferita glaciale ("Ghost Sector").

"Samadhi State" apre le porte della psiche; la realtà si dissolve e diviene solo una macchia scura ed informe dai suoni impenetrabili e metropolitani ("Samadhi State Part One"), ma si svela un altro mondo: quello dell'Illuminazione e della dissoluzione individuale nell'infinità del cosmo. Un mantra mite e distaccato adorno di melodie aurorali ed astratte ("Samadhi State Part Two") illumina il cammino della saggezza, ma è ancora presto per intraprenderlo.

I fantasmi, le ombre della mente ottenebrano quel sentiero; gelide pulsazioni d'acciaio vengono accompagnate da farfugli e farneticazioni sottomarine ("Legion of God") mentre solitari rintocchi dalla consistenza massiccia e minacciosa tuonano freddamente e silenziosamente, strisciando nelle gallerie sotterranee della psiche ("Uninhabited Red"). La nebbia confonde e disorienta la mente e la sua coscienza, intrappolate tra le sbarre di alienanti e marziali sirene lugubri e monolitiche ("Cages").

La momentanea ma intensa purificazione mistica sopraggiunge come un salto nell'iperspazio. Mente, coscienza ed inconscio rompono la gabbia e si scagliano in uno stato di sovracoscienza individuale: Tutto è Nulla, e il Nulla, il vuoto (Shunya) diviene principio e realizzazione dell'Io. La liberazione dalle angosce e dai fardelli, l'angelico ed immutabile livello di concentrazione ed il raggiungimento della perfezione divina lasciano una scia di sospiri fumosi e di strascichi calcarei; i rimasugli dell'esistenza abbandonano ogni cosa, fluttuano sempre più distanti. Rimane il vuoto, e rimaniamo noi, immortali astri splendenti quanto l'infinità dell'universo.

Silenzio. Pace...

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