"Salve a tutti, ragazzi, prima di cominciare questa recensione vorrei presentarmi. Mi chiamo Alessandro Martelli, ho 24 anni e vivo a Trieste. Qui vivo ormai da un bel po' di anni, giusto il tempo di avere messo su un gruppetto dove faccio da tastierista e cantante e al quale va buona parte del mio tempo libero: metal traditional e qualche cover pop-rock, nulla di più. Vivo di musica, di cui penso viviate voi tutti qui a Debaser, e i miei interessi spaziano dalle grandi voci nere del gospel al nu-metal, e generalmente a tutte quelle tendenze musicali moderne di cui mi interesso più per cultura che per altro. Ecco, quello che mi si rimprovera spesso, proprio a livello di sfottò feroce, è il fatto che tra i miei interessi trovino posto cantanti come Carboni o Masini, la linea verde dei melodici italiani anni '80-'90, e insieme ad essi alcune icone pop come Madonna e Sting, autori che non saranno certo alla stregua dei grandi del passato, ma che io trovo dotati di quella particolare attitudine alla produzione di musica "orecchiabile". Voglio citare l'Ars Poetica di Orazio: Miscere utile dulci, o giù di li; sono in errore se penso che al dilettevole bisogna unire l' utile? È forse da crocifiggere l' idea di provare un po' di "simpatia" per musiche pop che non ti dispiace poi fischiettare beatamente nell' impianto stereo da escursione? Per alcuni 883, Jovanotti, Vasco sono tabù, per me orecchiabilità.
Prendete ad esempio questo cd, "Sacred Spirit", già di una certa risonanza nell' ambiente dei cultori della new-age da almeno un decennio. Ok, non voglio apparire stucchevole nella mia apologia, però, diavolo, non è paccottiglia new-age come la si vuole dipingere. Anzi, io non voglio nemmeno entrare nel merito della tipologia della musica e delle ispirazioni che la animano, voglio fare astrazione e parlare semplicemente della procedura di ascolto che può accompagnare un lavoro simile, del concetto di musica attraverso il coinvolgimento. L'ascolto è, per tutto il disco, decisamente confortante. È proprio così: se l'approccio nei confronti dei tradizionali canti degli Indiani d'America può apparire sicuramente non facile, attraverso questo onesto lavoro si può penetrare a meraviglia in un mondo che diversamente ci sarebbe parso difficilmente accessibile, si può meravigliosamente affondare nei magnetici vocalizzi sciamanici e rimanere attaccati ad una melodia che solo attraverso tastiere e archi può apparire felicemente gradevole e orecchiabile. Così, un canto propiziatorio per la pioggia può diventare di spunto per una convincente campionatura con piano e chitarra acustica in "Heya-Hee", decima traccia dell'album, mentre spunti ancestrali come "Ly-O-Lai-Ale Loya" e "Yeha Noha", hit della raccolta, appaiono in una veste ancorpiù persuasiva se incorniciati in un'atmosfera classic-ambient; ciò senza nulla togliere a pezzi di richiamo come "Shamanic Chant n.5", ove per i più schizzinosi del genere le simulazioni elettroniche non aggiungono nulla ad un canto di consistenza sapida e suggestiva. In coda, nell'edizione italiana due mix fine a se stessi, incapaci però di intaccare la buona qualità di un lavoro meravigliosamente omogeneo e suggestivo.
Provate adesso ad acoltarlo questo album: se vi parrà scontato e insopportabile e preferirete altro sarete ovviamente liberi di farlo, ma dopo non sarà facile non fischiettare sino alla noia pezzi come "Yeha-Noha" o "Heya-Hee"."
Raccolto da Eneathedevil, riferimenti a fatti e persone realmente esistenti sono puramente casuali
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