La storia degli Interpol è fatta di continui tentativi di rinascita, finora solo parzialmente riusciti o totalmente falliti (in un solo caso, ad essere onesti, ovvero il disastroso self titled di otto anni fa).

Il nuovo e sesto album in studio arriva a ben quattro anni dal precedente "El Pintor", buon disco che, però, per l'ennesima volta ha deluso chi (a ragione?) si aspettava qualcosa di eccitante e fresco come l'ormai datato esordio "Turn On The Bright Lights", capolavoro assoluto e disco simbolo di quel revival post-punk tanto in voga nella prima metà degli anni duemila.

Con la mente sgombra da tutte queste mastrurbazioni mentali, e preso singolarmente come un qualsiasi nuovo disco di una qualsiasi rock band americana vogliosa di riproporsi sul mercato e dal vivo, "Marauder" è un signor disco, sicuramente il migliore del trio da "Our Love To Admire" del 2007, fallito tentativo di lanciare Banks e soci in una dimensione da stadio non certo nelle corde dei pur bravi ex ragazzi prodigio statunitensi.

Probabilmente decisiva la mossa di tornare ad affidarsi ad un produttore esterno (ultima volta proprio con "Our Love...") ed affidare le manopole ad un volpone come Dave Fridmann, già artigiano del suono di pesi massimi come Flaming Lips e Mercury Rev. La scelta del buon Dave è anacronistica, ma decisiva: registrare il lavoro in analogico, mettendo così in risalto la parte più cruda e immediata del sound del trio americano. E che la mossa fosse vincente era già chiaro dal clamoroso lead single "The Rover", pezzo incredibilmente fresco ed ispirato, un martellante rock pienamente poggiato sul drumming di Sam Fogarino, che alla fine porta a casa la sua miglior prestazione di sempre in un disco a firma Interpol.

Fogarino che martella come un fabbro anche nell'opener "If You Really Love Nothing", corredata di un bel video con protagonista Kirsten Stewart (molto bella anche la clip per la succitata "The Rover", consigliatissima agli amanti della serie tv Netflix "Narcos", visto che è stata diretta da Gerardo Naranjo, uno dei registi della serie); se all'inizio sembra quasi di aver comprato un album dei Kings Of Leon, appena entrano Fogarino e Banks si intuisce subito di che pasta saranno fatte le note successive.

Pochi i richiami agli Interpol più classici, quelli della prima ora per intenderci, che si riducono al secondo singolo "Number 10" e all'ottima "Flight Or Fancy", in pieno stile "Turn On The Bright Lights". Per il resto si spazia tanto, pur mantenendo decisamente un'impronta interpoliana ben precisa (incredibile in questo senso il lavoro di Fridmann), vedi alla voce "Complications", cruda ma familiare al tempo stesso; e persino quando la sperimentazione si fa più marcata, come nel caso della fascinosa "Stay In Touch", tutto rimane incredibilmente coeso e coerente.

Banks si diverte ad immaginare un Bon Iver versione hard indie in "Party's Over", "Nysmaw" rievoca fascinazioni alla "Antics" e "Mountain Child" mette in evidenza le enormi qualità di un chitarrista sottovalutato come Daniel Kessler.

Un disco bellissimo, questo "Marauder", l'ennesimo tassello di una band che non vuol proprio saperne di andarsene e che, per fortuna, resterà eccome.

Brano migliore: The Rover

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