Uno dei tanti appuntamenti metal imperdibili di questa estate è stato il mega-concerto che si è tenuto all'Olimpico di Roma il 20 giugno, dove come headliner sono stati i Maiden. Oltre alla Vergine di Ferro hanno suonato anche gli italiani Sadist, Lauren Harris, i Mastodon, i Machine Head e gli spettacolari Motorhead capitanati dal carismatico Lemmy.
La giornata era afosa e io arrivai, insieme a mio cugino e ad altri amici, verso mezzogiorno e mezza e dopo un'oretta entrammo subito dentro lo stadio. Ci mettemmo sul prato e i primi a suonare furono i Sadist. Eravamo molto entusiasti e gasati di vedere per la prima volta un grande concerto con tutte band importanti e storiche e mentre ci cominciammo a sistemare iniziarono il massacro il gruppo di Tommy Talamanca. I Sadist misero subito il piede sull'acceleratore riuscendo a coinvolgere il pubblico già consistente e ripescando brani "Sometimes they come back", la nuova "Tearing away" e il loro repertorio di "Tribe" e "Above the light". Sebbene il loro thrash tecnico sia abbastanza complesso il pubblico continuò a supportare l'esibizione di Tommy Talamanca e Trevor che terminò dopo una buona mezz'ora.
Finiti i Sadist e dopo aver cominciato a stappare le prime birre entrò sul palco la "raccomandata" Lauren Harris, che pure essendo figlia di Steve Harris, non c'entrò molto con le altre band dure e grezze che parteciparono al concerto. Lauren presentò un rock moderno, salta e un look sexy che scatenò fra di noi dei commenti non proprio molto eleganti. In attesa dell'album ufficiale lei eseguì una manciata di canzoni che saranno state pure belle da ascoltare ma finito il suo show non ricordavi nè titolo e nè i riff dei pezzi.
I successivi Mastodon riportarono sul palco il metal aggressivo e violento che ci piace a noi, scatenando l'headbanging del pubblico. La formazione dopo poche note riuscì a farci capire che avremmo assistito ad uno show roccioso e dirompente grazie al loro stile doom/hard e psichedelia e al grande lavoro del batterista Brann Dailor. Intanto l'Olimpico si continuò a riempirsi per gli show di richiamo e il virus della band si estese rapidamente in tutto lo stadio facendoci perdere letteralmente la testa. Alla fine dello show è un trionfo generale grazie alle loro canzoni tecniche, progressive e di qualità che riuscirono a convincere tutti sulla potenza di questa band.
Si continua nel nome della musica metallica e tosta con i Machine Head, gruppo che esplose con il grande album "Burn My Eyes" del 1994. Naturalmente iniziammo a fare headbanging a pressione insieme alla band che suonava bene, eseguì qualche hit ed era carica di thrash moderno che conquistò il pubblico. Le tracce del nuovo "The Blackening" sputavano fuoco e rabbia da tutti i pori, grazie anche alla prestazione del frontman Rob Flynn che urlava come un dannato riuscendo a concludere un buono show, anche se a me sono piaciuti di più i Mastodon.
Da ora in poi eravamo certi che sarebbe iniziata la storia, la prossima band che doveva salire sul palco è uno dei gruppi che mi piacciono di più, vale a dire i Motorhead. Un nome una garanzia. Io e miei amici iniziammo a gasarci e giustamente a bere un po' di birra quando Lemmy, Mikkey Dee e Phil Campbell salirono sul palco. 1-2-3 ed il sound della band cominciò a massacrare come i vecchi tempi grazie a pezzi come "Stay Clean", "Metropolis", "Killed By Death", "Over The Top" e la pesante "In The Name Of Tragedy". La band ormai era puro delirio e suono rovente, con Campbell che macinava riff storici come "I Got Mine", "Overkill" e "Killers", mentre Mikkey Dee si concesse un lungo assolo sulla dirompente "Sacrifice". Ma il trionfio come sempre spetta a Lemmy che con il suo basso Rickenbacker e i suoi bubboni in faccia, che per quanto sono grossi sembravano che facevano headbanging, riuscì a trascinare tutto il pubblico e a conquistare ogni cosa. La sua voce è ancora ruvida e graffiante, il look è come quello di vent'anni fa' e continua a dimostrare a tutti la vera anima di una rockstar che si rispetti. F
inito il loro show noi e tutto il pubblico eravamo più contenti ed entusiasti che mai dopo aver visto questo grandissimo gruppo, ma anche perchè dopo un po' si sarebbero esibiti i Maiden di Dickinson & Co. Arrivati sul palco gli Iron furono accolti da un grande boato da parte del pubblico e subito partirono con le nuove "Different World", "Brighter Than A Thousand Suns", "These Colours Dont Run" e la bella "The Reincarnation Of Benjamin Breeg". I tantissimi fans accolsero il nuovo album con molto clamore, anche se sicuramente c'era la parte di pubblico che preferiva i brani nuovi mentre l'altro quelli storici sia con Dickinson che con Di Anno. Il palco era corredato dalle classiche figure di Eddie, mentre Steve Harris padroneggiava il suo basso, i tre chitarristi correvano sul palco e Bruce che urlava, saltava e coivolgeva i fans. Arrivarono anche i brani famosi come "The Trooper" che scatenò l'headbanging mentre sorpresero brani come "Children of the Damned" e la classica "Fear of the Dark" che venne subito accompagnata dai soliti cori del pubblico.
I brani che presentarono i Maiden erano soprattutto quelli di "The Number Of The Beast" come anche la celebre "Run To The Hills" e la onnipresente "Iron Maiden", ultime due canzoni prima che la band si ritirasse nei camerini per una pausa. Al ritorno si ricominciò con "The Evil That Men Do", la bella "2 Minutes To Midnight" e la lunga "Hallowed Be Thy Name" che chiuse grandiosamente questo evento magico per il nostro Paese. A fotografare così un'altra pagina di storia costruita dai Maiden. A fine dello show eravamo contentissimi, gasati e (anche un po' sbronzi), dopo aver visto tutte queste band e sentito molta buona musica, ma soprattutto per aver assistito allo show di due grande band, Motorhead e Iron Maiden.
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