Questo album di McLean mi riguarda molto da vicino. Fu a causa di una delle tracce contenute in esso che mi disfai della batteria e acquistai un sax contralto, entusiasmato dalla particolare pronuncia del sassofonista. Fortuna per il jazz che, dopo un anno di note lunghe e dinamiche, me ne sono ritornato ai tamburi. Ma l'infatuazione per il sassofonista newyorkese è rimasta intatta negli anni; ciò che mi fa amare il suo timbro è l'intonazione, crescente e aggressiva, e il fraseggio perentorio. Oltretutto McLean è stato un musicista che, pur gravitando nella zona della serie B+ (con serie B+ intendo quegli artisti di altissimo livello che però non sono nè Parker, nè Davis), per il carattere della produzione e per il tipo di "engagemènt" della Blue Note, che lo teneva tra gli artisti di spicco della valanga hard bop, ha saputo rinnovarsi e accogliere la lezione della new thing, personalizzandola. Sulla carriera di questo artista vi rimando a Wikipedia che ben meglio di come potrei fare io descrive la vita delll'altosassofonista e il contesto musicale in cui si è mosso.

Voglio, con questa mia recensione, soffermarmi su un suo longplaying che amo molto e che però da anni è stato considerato un capitolo minore; parlo di "A Fickle Sonance". Nel 33 compaiono accanto al leader la tromba di Tommy Turrentine (fratello del piu' noto Stanley), il piano di Sonny Clark e il contrabbasso di Butch Warren. Lo scintillante ride chiodato è opera del serafico, solare Billy Higgins. Insomma, all'apparenza siamo dalle parti del consolidato, sicuro standard Blue Note: uno o piu' solisti di carattere, una ritmica rodata e caldo hard bop. Ma, come spesso accadeva per i lavori di McLean, c'è sempre una spezia in piu' tra le tracce…

Dopo essere partito come una delle voci piu' personali sulla scia di Parker, di cui era un protetto, a 19 anni l'altista newyorkese già incideva con Miles Davis; oltre a questa fondamentale esperienza, anche se nel periodo nero del trombettista, è doveroso citare la militanza di McLean coi Messengers di Art Blakey, nel primo brillantissimo periodo Rca e soprattutto la collaborazione con Thelonious Monk, fondamentale per l'apertura verso nuovi orizzonti armonici e ritmici. Monk dedicherà un brano a McLean, "Jackie-ing", dal tema ritmicamente sconnesso e pericoloso. E grazie a questo aggancio a Monk posso cominciare a scrivere del disco in questione; il primo brano "Five Will Get You Ten" (Clark) è un tema scritto sulle armonie della "Well You Needn't" monkiana, con delle alterazioni che rendono il timbro del brano piu' melanconico, a tratti scuro; la struttura è in ABA con l'A in afro e il B in swing. IL tema è di una certa complessità, con delle impennate davvero monkiane all'interno di una linea pressochè distesa. Un brano affascinante.

"Subdued"(McLean) continua il trucco dei brani mascherati, tipico del bop. E il legame con Parker è qui a doppio filo, in quanto McLean si concede un momento solitario sulla trama di "Embraceable you". Il suono stridente, quasi distorto, le fiorettature ritmiche e la padronanza magistrale dell'esecuzione fanno di "Subdued" un momento di acre, dolente poesia metropolitana. Turrentine non è presente nel brano, per ragioni di equilibrio estetico. Siamo nell'omaggio al maestro e mentore Bird.

"Sundu" (Clark)è un blues minore  il cui tema è una frase ritmica ripetuta. Qui è scattato il mio amore per McLean: caratteristica del sassofonista, tra le piu' spiccate, è la decisione nell'attacco dell'improvvisazione. In "Sundu sono nove note che sembrano lame affilate di coltello. Il clima ossessivo, senza uscita dell'intera esecuzione è scandito dal militaresco contrappunto del magico Higgins il cui lavoro all'interno dell' lp è peculiare, ravvivando come per incanto, le consuete figure del bop. Da notare il caratteristico  stile compositivo del pianista che emergerà nei suoi celebri "Cool struttin'" e "Leapin' and lopin'", tanto cari a John Zorn.

Con "A Fickle Sonance" (McLean) (il cui titolo programmaticamente significa piu' o meno "Una sonorità differente, dissonante") siamo nel momento piu' sperimentale e ardito del disco, che lega questo album a brani di 33 giri precedent, come "Quadrangle", o a future trasgressioni, soprattutto all'intero "Let freedom ring" dove il programma musicale di McLean comincerà ad aggirarsi dalle parti dell'avanguardia dolphiana e ccolemaniana. Il tema isterico, a picchi e salti stabilisce il clima immutato su cui si svolgono le improvvisazioni modali del gruppo. Ogni termine di improvvisazione si presenta con uno stop time e un breve e rarefatto ostinato di basso e batteria. Turrentine, dal suono grande e rotondo e dal fraseggio ispirato anche se sempre nella linea clffordbrowniana-morganianain questa traccia, piuttosto ardita, quasi uno stacco dall'intero vinile, si spinge piu' in là.

Le cose si rimettono in carreggiata, splendidamente, con "Enitnerrut"(Turrentine, ovviamente), tipico hard bop minore AABC  con gli A in afro. Altra micidiale entrata, inesorabile del sassofonista, di una grinta e un umor acido e secco da bvrividi, sostenuto dagli elastici lanci e dal galoppo della ritmica. A chiudere "A Fickle Sonance" la squillante rumba di "Lost"(Warren), quasi un blues col bridge, dal rullante chiacchierino di Higgins.

In sostanza "A Fickle Sonance" è un album di mezzo, un incontro tra hard bop e moderata avanguardia. Ma non intendo assolutamente sminuire il suo valore, anzi, è grazie ad artisti come McLean che personaggi arditi come Coleman hanno avuto appoggio e considerazione. Questo e altri album magari piu' radicali dell'altista hanno funzionato come viatico del verbo free e sperimentale.

Un horray per McLean (che ci ha lasciato nel marzo 2006)!!! 

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