Jacky Terrasson è un giovane pianista francese (trentasettenne, al momento) che da qualche anno è stato inglobato dalla scuderia Blue Note: dopo lunga gavetta nel circuito jazz internazionale, nel ’92 comincia ad incidere da titolare, passando quindi dopo solo due anni nella Blue Note, appunto, a seguito di opportune e doverose segnalazioni da parte di artisti con cui egli ha collaborato. Il CD in oggetto è un live del 1997. Normalmente la prova dal vivo, per musicisti costruiti ‘in laboratorio’ può rappresentare uno scoglio a volte insuperabile; essa  rappresenta invece per un jazzista la naturale collocazione spazio-temporale: per un risultato finale quasi sempre più diretto e godibile rispetto al disco da studio. Qui non si sfugge alla regola e si può apprezzare appieno il modo caleidoscopico in cui Terrasson, difficilmente riconducibile a questa o quella scuola, maneggia il materiale sonoro oggetto di trattazione. Al contrabbasso e batteria due musicisti solidi e perfettamente funzionali al concetto: Ugonna Okegwo e Leon Parker, che assecondano con perfetta omogeneità Jacky, sia quando si tratta di offrire mero supporto ritmico (occasoni di pianismo impegnato ed onnipresente sul piano sonoro) sia quando si tratta di prendere in mano la situazione: molto spazio è lasciato ai due comprimari per contribuire ‘creativamente’, in special modo al contrabbasso. I due musicisti in questione oramai fanno… “famiglia”, in quanto sono con Jacky da lungo tempo ed in maniera continua ed osmotica, musicalmente parlando. Personalmente vidi Terrasson dal vivo nel ’94 accompagnare Betty Carter e conservo già dall’epoca questo nome fisso nella memoria, in quanto non solo fece la sua brava parte da accompagnatore, ma impressionò tutti con una rara maestria. Questo solo per ribadire che non si tratta dell’ennesimo bravo pianista, ma di un protagonista di spicco che DEVE necesariamente essere conosciuto da chi ama questa musica. Ho letto da qualche parte che uno dei modelli identificabili per Jacky sia Ahmad Jahmal, ma personalmente non sono troppo d’accordo: è veramente difficile trovare un riferimento per un pianista che oltre a suonare originale “di suo”, nell’arco di trenta secondi passa da un volume sonoro altissimo ed una serie di progressioni di note ed accordi continua ad una rarefazione di note e concetti assoluta ma con la musica sempre ben presente e viva. Da scoprire e discuterci su insieme. Nell’attesa che mi arrivi l’ultimo suo Smile (Blue Note 2002), ripassando questo ‘Alive’ un paio di considerazioni  da condividere con gli amici:

1. ‘Things Ain't What They Used To Be’  presenta un incedere quasi monkiano, con ampi spazi e pause; note lasciate cadere a beneficio di una struttura snella. Frasi più distillate che continue. Basso in piena evidenza ed interazione.

2. ‘Cumba's Dance’ è un ciclone in divenire; posizioni maggiori e positività latina. Parte piano, su un tempo di rumba, per crescere sino ad una accelerata ed orgasmica esplosione finale. (Pubblico in delirio).   

3. ‘Sister Cheryl’ qui devi alzare la manopola del volume per capire che cosa accade all’inizio tra i tre: alcune note accennate, base sussurrata e coda delle note in evidenza sino a che il pezzo pian piano prende corpo. Inaspettato sviluppo melodico romantico, volume centrale fortissimo e ricaduta sommessa alla fine. Bellissimo! Molto Mehladau.
    
4. ‘Simple Things’ è una ballad lenta e romantica da gustare con concentrazione somma: qui la qualità sonora dell’impasto tra i tre strumenti e la caratteristica timbrica di ciascuno vengono evidenziate appieno.
 
5. ‘Nature Boy’ costituisce la trattazione di uno standard secondo canoni di fatto inconsueti. Pedale ostinato del basso sino alla fine per una tensione espressiva palpabile.  Il pezzo forte del disco? Tra tanti non saprei veramente scegliere. Di nuovo: non si può definire da dove arrivi il ‘marziano’ Terrasson. 
   
6. ‘Love For Sale’ sino a metà il brano… non c’è: ci sono invece una serie di scherzi tra basso, percussioni e piano che preludono ad uno sviluppo soltanto finale, molto rarefatto e condensato del tema, che esploderà in maniera sincopata ed originale. Assoluta interazione intelligente nel gruppo, con soluzioni inusitate: vedere la citazione di Chameleon da parte del basso e ascoltare come finisce il brano per credere!!!
   
7. ‘Fog Taking Over Noe Valley’ è un pezzo reso ossessivo per circa metà durata, tra piano e basso che ripetono veloci le stesse note, ora a tempo ora in controtempo rispetto all'hi hat, per far si che il batterista possa costruire il suo solo; il contrabbasso poi interviene; solo verso la fine si sente la costruzione pianistica. Ma va benissimo così: te ne rendi conto dopo. Incredibilmente bravi.      

8. ‘The Theme’  è un brevissimo e trascinante swing che ben spezza lo scenario globale e prelude ad un finale insolito assai. Normalmente la chiusura è ‘in gloria’, ma qui…  

9. ‘There's No Disappointment In Heaven’  …è un filo diretto dal cuore dell’artista (al piano solo) al tuo e ti mette a nudo l’anima. Non hai difese. Una carezza lieve sulla tua testa. Tutti abbiamo bisogno di carezze: se nessuno le fa a te, ascolta questo brano: una delle cose più toccanti che ti sarà mai dato sentire.

Ottima prova, Terrasson: personalmente ti ringrazio di esistere e consiglio agli amici di scoprire quest’artista meraviglioso e personale. Bravò!!!

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